La preparazione motoria nei settori giovanili: specificità o multilateralità?

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Specificità allenamento calcio

(Aggiornato al 14/10/2022)

Perché una buona parte dei talenti non realizza il proprio potenziale?

È una cosa “normale” che ciò avvenga, oppure esistono alcune cause che risiedono nell’approccio metodologico attuale?

Una parte della risposta l’abbiamo già data nel precedente articolo, cioè che una specializzazione precoce riduce le possibilità di diventare atleta d’elitè ed incrementa il rischio di infortuni durante tutta la carriera…sì, considerando anche che alcuni talenti rimangono inespressi proprio per un’ipotetica fragilità fisica, a cui spesso viene data ingiustamente la colpa.

Non si tratta di opinioni, ma di evidenze che emergono da studi e ricerche, che dimostrano come un avviamento precoce all’agonismo ed alla specializzazione, sia deleteria nei confronti della realizzazione del potenziale dell’atleta. Si ipotizza quindi come un approccio più multi-sportivo (in età evolutiva) possa conferire al giocatore le basi per ottenere il meglio quando sarà in prima squadra.

Di contro, gli studi più recenti sulle neuroscienze tendono ad ipotizzare come solo un allenamento specifico sia in grado di dare gli stimoli ottimali per allenare al meglio il giocatore; questa teoria è completamente in antitesi con il criterio di multi-sportività citato sopra.

Allora quali dei 2 “punti di vista” è più corretto? Specificità o multi-lateralità?

Specificità e multilateralità calcio

In questo articolo cercherò di trovare la giusta interpretazione a queste 2 visuali che, avendo ottime basi teoriche e/o pratiche, devono essere entrambe considerate ed ottimizzate alle fasi di crescita.

Cercherò poi di ipotizzare come applicare i concetti nei settori giovanili, al fine di estrapolare le linee guida che ritengo ideali.

Attenzione, questo non riguarda solamente l’espressione di chi ha “talento”, ma tutti i giocatori che in età evolutiva iniziano a giocare a calcio per il piacere di farlo…affinchè possano esprimere al meglio il loro potenziale quando saranno grandi, qualunque esso sia.

Specificità o multi-lateralità?

Partiamo da un presupposto che immagino possa in parte aiutare a chiarire i primi dubbi; i giovani non vanno considerati come calciatori maturi in miniatura, quindi il loro allenamento deve tenere in considerazione non solo delle leggi dell’adattamento (come per le prime squadre), ma anche di quelle dello sviluppo.

Questo concetto inizia già a spigare come mai nelle prime squadre possa essere un bene seguire maggiormente un criterio di specificità, mentre nei settori giovanili uno più multilaterale.

Ma facciamo una breve rassegna di entrambe le visuali, per comprendere i punti forti (e deboli) di ogni corrente di pensiero.

Il sostegno delle neuroscienze alla specificità dell’allenamento

Tra le tante pubblicazioni sull’argomento, quella di Claudio Albertini credo sia la più illuminante, in quanto estrapola la componente calcistica da quella sperimentale. Dallo stesso articolo prendo questo esempio che credo sia molto chiaro ed illuminante:

se fletto un dito per grattarmi, o per afferrare qualcosa, attiverò neuroni diversi!

Proviamo ora a paragonare questa situazione nel contesto del calcio…”se guido la palla tra i conetti, non è detto che userò gli stessi meccanismi neurali per guidare la palla negli spazi in partita”.

Specificità allenamento calcio

Questo concetto credo possa avere importanti ripercussioni nell’allenamento calcistico, riducendo l’importanza dell’allenamento tecnico analitico quando il giocatore ha già appreso un determinato fondamentale.

Quando pubblicai il mio primo articolo sull’allenamento funzionale, scrissi una frase ripetuta da tutti gli esperti di quel settore, cioè che “il cervello riconosce i movimenti e non i muscoli”, per sintetizzare come l’organizzazione in catene cinetiche dovesse essere la guida per i movimenti di potenziamento muscolare. In sostanza, veniva (giustamente) “bocciato” l’uso delle macchine di muscolazione a beneficio di tutti quei movimenti funzionali (come squat, affondo, stacco, ecc.) che avevano maggiore affinità motoria con i movimenti sportivi.

Le conoscenze attuali hanno permesso di andare oltre, e ci permettono di affermare che

 “il cervello riconosce principalmente gli obiettivi, piuttosto che i movimenti”.

Con questo non viene “bocciato” totalmente l’allenamento funzionale (vedremo poi il perché), ma permette di fare un passo avanti verso i meccanismi dell’apprendimento e di perfezionamento della performance, soprattutto in sport come il calcio.

Di conseguenza, se vogliamo fornire stimoli allenati estremamente specifici, è importante mantenere il più possibile il contesto della situazione di partita, sia che io voglia allenare la tecnica, la tattica o le componenti atletiche. Devo quindi ricercare situazioni il meno possibili artefatte.

Ma che criteri devo seguire per effettuare esercitazioni di questa natura?

Personalmente ritengo la suddivisione di Alessandro Maroni (qui l’intervento di un suo bellissimo webinar) la più interessante. In altre parole, un mezzo allenante è specifico quando:

  • Il riferimento è dato da una palla: se la palla esce lateralmente, questa viene rimessa dallo stesso punto, e non (ad esempio) dal portiere.
  • La direzione del gioco è sempre la stessa (difendo la mia porta ed attacco in quella avversaria) ed “opposta” rispetto agli avversari (come in partita): in altre parole, non cambiano gli obiettivi di gioco.
  • L’obiettivo è fare gol e non subirlo: quindi qualsiasi variabile del tema di gioco deve comunque tenere questa tematica principale.
  • Spazio di gioco analogo il più possibile alla partita: in questo caso, è ragionevole ipotizzare come tra 110-160 m² per giocatore possa essere lo spazio ideale per le prime squadre. In caso di calcio a 5 o a 7, si possono tenere le stesse dimensioni di partita o leggermente inferiori.

Va quindi rivalutato l’aspetto formativo delle partite d’allenamento, con quelle variazioni che non vanno ad inficiare le variabili indicate sopra; a questo link potete trovarne una variante interessante per chi gioca a 11, ma può essere adattata e semplificata per le squadre che giocano a 7 o a 9.

Esercitazione specifica calcio

Ma solo le esercitazioni specifiche sono allenanti?

Ovviamente no, ma dipende dai contesti, cioè il periodo della stagione, il momento della settimana e la fase di crescita dei giocatori.

In sostanza, esercitazioni diverse da quelle specifiche (cioè “non specifiche”) possono essere utili:

  • Per andare a colmare una lacuna della squadra o di singoli giocatori; questo vale sia dal punto di vista tecnico, che motorio/atletico che tattico.
  • Per approcciare un concetto nuovo dal punto di vista tecnico-tattico; ad esempio dimostrando uno sviluppo di gioco in campo o alla lavagna. In ogni modo “capire in linea teorica” un determinato sviluppo, non significa averlo “appreso”, cioè essere in grado di realizzarlo in un contesto di partita.
  • Per creare un prerequisito essenziale: questo vale in particolar modo dal punto di vista motorio ed atletico, oppure per sviluppare le capacità attentive.

In relazione all’importanza dell’ultimo punto, riporto un esempio di come, anche esercitazioni “non specifiche” possano comunque avere un impatto allenate, se correttamente introdotte.

È una frase di Julian Nagelsmann riportata da Francesco Macron:

In allenamento impongo regole di provocazione – alterando spazi, colori, numero di porte, numero di giocatori – in maniera tale che i giocatori senza esserne consapevoli debbano costantemente prendere decisioni. Serve a stimolare la decisione rapida e, in questo modo, alleno automaticamente ciò che intendo sviluppare, i comportamenti che desidero stimolare attraverso quelle regole. Quando il giorno della partita lasci da parte tutte queste regole, perchè giochi 11 contro 11, il gioco sembra molto meno complesso di qualsiasi sessione di allenamento. Così ottengo la velocità di reazione che cerco.”

Personalmente, il primo aggiustamento che ho portato ai miei allenamenti (scuola calcio) dopo aver approfondito questi concetti, è stato quello di evitare quelle esercitazioni che andavano ad allenare in maniera analitica abilità già comprese, anche in forma grossolana.

Ad esempio, (per la categoria “Primi calci”) le poche volte che propongo la guida della palla sottoforma di esercitazione analitica, limito l’utilizzo al solo piede debole e con palloni di gomma più difficili da guidare; questo perché a quell’età rappresenta una lacuna su cui poter lavorare. Altre “lacune” di natura tecnica presenti in questa categoria, e che possono essere affrontare in maniera analitica, sono lo stop orientato ed il tiro con il piede debole.

Per quanto riguarda invece la tattica individuale, le esercitazioni “non specifiche” che utilizzo sono gli 1c1, i lavori per la protezione della palla e per lo smarcamento in zona lucecioè tutte quelle abilità che nei primi anni della scuola calcio si apprendono più difficilmente con il lavoro specifico (partite e mini-partite). Nel testo di Horst Wein trovate questo approccio metodologico.

Altri lavori “non specifici” a cui do ampio spazio sono quelli per la coordinazione, in quanto (come vedremo successivamente) rappresentano i prerequisiti di tutte le abilità del calciatore.

È fondamentale che l’allenatore riesca a far contestualizzare in ambito specifico quanto appreso in contesto analitico. Faccio un esempio banale (riassunto nell’immagine sotto): se nella categoria Primi calci sto insegnando il concetto di zona luce, dovrò inizialmente far capire il concetto di “cono d’ombra” con pochi giocatori (3-4), poi iniziare ad utilizzare un contesto con più giocatori (esempio “gioco di posizione”) e poi applicarlo con una “partita a tema”, che magari richiede un numero minimo di passaggi prima di poter segnare. Potete trovare l’intera progressione partendo da questo articolo.

Didattica smarcamento zona luce

Gli esempi che ho portato per la Scuola Calcio possono essere applicati anche alle categorie superiori (Giovanissimi ed Allievi) considerando le abilità su cui è necessario lavorare.

Nell’Approfondimento in fondo all’articolo, verranno poi analizzate le motivazioni fisiologiche dei processi d’apprendimento.

Quello che è importante comprendere, è che sono da evitare tutti quei mezzi allenanti che non vanno ad incidere profondamente sulle abilità del calciatore quando non sono più utili; i mezzi “non specifici” da utilizzare dovrebbero quindi essere quelli che servono per “comprendere cose nuove”, per “colmare le lacune” o “incrementare il potenziale motorio”.

Allenamento specifico calcio

L’incremento del potenziale motorio è uno dei fattori chiave in età evolutiva, senza il quale il giocatore non riuscirà mai ad esprimere le sue caratteristiche; lo vedremo nel prossimo capitolo.

Perché una base multilaterale in età evolutiva è il prerequisito per l’espressione del massimo potenziale del calciatore

Nel precedente capitolo abbiamo parlato di specificità, ed in questo tratteremo il concetto opposto, cioè di multilateralità.

Nel precedente articolo abbiamo visto come esistono evidenze, in bibliografia internazionale, di come un approccio multi-sportivo (e una specializzazione ritardata) permettano agli atleti di esprimere il loro massimo potenziale prestativo in età adulta.

specializzazione precoce conseguenze

Apparentemente, ciò va in contrasto con quanto detto precedentemente sulla specificità, ma ad un approfondimento più attento non è così. Cercherò sotto di evidenziare quali sono, a mio parere, i motivi per i quali un approccio maggiormente multilaterale in età evolutiva (ed un approccio più specifico successivamente) permetta la massima espressione del potenziale:

  • Permette di ridurre lo stress indotto dallo sport nei primi anni di pratica, preservando le motivazioni per quelle fasi di crescita in cui saranno richiesti maggiori sacrifici.
  • Riduce il rischio di infortuni a qualsiasi età, ed in alcuni casi incrementa le qualità neuromuscolari rispetto alla sola pratica calcistica.
  • Permette di acquisire sane abitudini di vita (soprattutto se si pratica attività anche al di fuori della propria società) e incrementa la resistenza organica, che è la base del recupero.
  • È il presupposto per l’apprendimento tecnico/tattico, perché questo avviene sulla propria base motoria; più questa è ampia, e più il giocatore sarà in grado di fare sue abilità tecnico/tattiche di maggiore finezza.
  • Consente comunque l’apprendimento delle qualità specifiche in quanto il tempo che si ha a disposizione in un settore giovanile è molto più che sufficiente per sviluppare tutte le abilità calcistiche necessarie per esprimere il potenziale del giocatore.

Nel video sotto trovate una famosa frase di Massimo De Paoli, che evidenzia proprio gli aspetti che “fanno perdere tempo” nel processo di crescita del calciatore.

Andando più nel dettaglio, mi sento di ribadire (sempre nell’ottica di evitare di “perdere tempo”) come siano da limitare il più possibile (in qualsiasi categoria) i lavori tecnici analitici di abilità già apprese, anche in forma grossolana.

La tecnica si impara in situazione; l’unico motivo per cui fare lavori analitici (o non specifici) è quello di colmare lacune particolarmente evidenti, scoprire un gesto completamente nuovo o incrementare il potenziale motorio del giocatore.

Ma come stimolare la multilateralità per chi allena in una sola disciplina?

In altre parole, come stimolare questa qualità per chi allena nel calcio? Questo è possibile con le giuste competenze; ad esempio nella scuola calcio si può dedicare una percentuale di tempo di allenamento allo sviluppo della coordinazione tramite giochi polivalenti (adeguati all’età); nel libro di Juan Carlos Mogni potrete trovare fino a 116 giochi multilaterali e polivalenti.

Man mano che i giocatori crescono, è poi possibile iniziare anche l’allenamento per le qualità motorie ed atletiche; a questo proposito, nel nostro canale telegram dedicato all’allenamento motorio ed atletico nel settore giovanile potete scaricare gratuitamente un documento con le linee guida ed alcune esercitazioni proprio sull’argomento.

Come ripetuto sopra, non si deve avere il timore che questo tipo di lavori (se effettuati in maniera adeguata all’età) portino vi del tempo all’attività calcistica. Anzi, permettono di innalzare il potenziale motorio ed atletico del calciatore con benefici nel medio-lungo termine.

Quelle che dovrebbero essere ridotte al minimo, sono le esercitazioni di natura tecnica-analitica perché non permettono di sfruttare al meglio (in termini qualitativi) il tempo impiegato.

Il calcio è una disciplina di estrema variabilità, per questo il calciatore, nel settore giovanile, deve sviluppare un’ampia capacità di gestire la propria motricità; solo in questo modo sarà in grado di adattarsi alle mutevoli condizioni che si possono presentare in una partita.

L’apprendimento di nuovi movimenti è più facile tanto quanto i giovani calciatori hanno potuto sviluppare la loro maestria motoria (patrimonio maggiore di movimenti); infatti, un individuo apprende tutti i nuovi movimenti solo in base a quelli che già possiede.

Multilateralità calcio

Nell’immagine sopra potete vedere uno schema estremamente semplificato dei concetti espressi sopra.

A mio parere sono inoltre da aggiungere 2 aspetti.

Il primo è quello emotivo; solo appassionandosi allo sport (ed al calcio) potrà sviluppare una motivazione che potrà portarlo a proseguire nella sua carriera sportiva. In questo contesto, sarà importante una corretta didattica, incentrata sulla formazione e sul divertimento, e non sul risultato; questo vale ovviamente nella scuola calcio. Nel settore giovanile invece (quando il risultato comincerà ad avere una certa rilevanza), sarà importante mantenere sempre una meritocrazia che tenga conto anche dell’impegno e dell’aspetto comportamentale.

In questo modo i giocatori non subiranno tutto quello stress che porta poi all’abbandono sportivo, perché saranno consapevoli che saranno loro stessi i primi attori che determineranno l’esito dei loro obiettivi.

Ultimo aspetto che ritengo fondamentale (e molto stesso trascurato) nell’infanzia è avere la possibilità di fare attività motoria con i propri genitori; non vuol dire solamente giocare a calcio, ma anche fare escursioni, giri in bici, nuotate, ecc. Questo ha una valenza educativa e formativa molto importante; ne ho parlato nel dettaglio nel post dedicato ai problemi di una specializzazione precoce.

Approfondimento: perché la tecnica e la tattica vanno allenate in contesti specifici

Prendendo sempre spunto dalla pubblicazione di Claudio Albertini, vedremo i motivi di natura neurofisiologica per i quali l’allenamento analitico non è efficace per l’apprendimento in contesto di partita.

Per la tecnica è molto semplice; abbiamo visto l’esempio (ad inizio articolo) del fatto che se mi gratto o afferro qualcosa con lo stesso dito, userò neuroni diversi. Vuol dire che i lavori tecnici analitici (come guidare la palla tra i coni) serviranno poco ad apprendere a guidare la palla nello spazio in partita. Attenzione, ciò non significa che siano inutili, ma che saranno efficaci esclusivamente per scoprire e comprendere il gesto tecnico…non per apprenderlo!

Ad esempio tutto il dominio della palla (guida, passaggio, tiro) con il piede debole è efficace “scoprirlo e comprenderlo” con il metodo analitico, ma ciò non significa che sarà automaticamente appreso in contesto di gioco. Per questo serviranno altri tipi di esercitazioni maggiormente a carattere globale, con avversari e spazi, ecc. per contestualizzarlo (apprenderlo) in ambito di gioco.

Per quanto riguarda la comprensione delle scelte di gioco (semplifichiamo con la parola “tattica”) il discorso diventa un po’ più complesso; infatti, è da considerare come siano necessari almeno 500 ms affinchè un elemento percepito (di gioco e non) arrivi alla coscienza.

Ma i tempi di reazione (e di scelta) in campo a volte possono essere di 100-150ms; pensate ad un portiere che si vede un tiro deviato da un compagno e modifica immediatamente la posizione delle braccia per prendere comunque la palla. Stessa cosa può valere per un “uno-due” in mezzo all’area tra 2 compagni, o l’intuito del difensore che “mette il piede” sulla palla filtrante dell’avversario.

Sono tutti gesti che non arrivano alla coscienza (perché troppo veloci), ma che i giocatori riescono ad effettuare comunque.

Faccio una metafora per comprendere meglio e poi passeremo all’applicazione pratica di questo concetto: è come se la nostra coscienza (cioè quello che percepiamo) fosse il monitor di un computer, mentre il desktop l’attività intera del nostro cervello. È evidente che sul monitor (coscienza) non vediamo tutta l’attività del desktop (cervello), ma il desktop “lavora” continuamente ed effettua “operazioni” (ad esempio gli aggiornamenti) senza che il monitor le visualizzi.

Percezione azione calcio
Semplificazione e metafora dello stato della coscienza durante le azioni di gioco più rapide

Spero quindi che la metafora sia chiara per comprendere come le decisioni delle scelte di gioco non sempre coinvolgono la coscienza nel loro svolgimento. Questo accade quando vengono richiesti tempi di risposta inferiori ai 500 ms indicati sopra; in questi casi si dice che determinati comportamenti (scelte tattiche) sono apprese/automatizzate.

Faccio un esempio per essere più chiaro; se il Venerdì faccio un 11c0 in campo (magari spiegandolo prima alla lavagna), sicuramente il giocatore “comprenderà” lo sviluppo, ma non è detto che le parti più “rapide” del gioco (che richiedono in partita scelte in tempi brevi…inferiore a 500ms) vengano apprese in contesto di partita.

Molte volte gli allenatori si arrabbiano dicendo “l’abbiamo provato un sacco di volte in allenamento…”, ma probabilmente la situazione è stata “compresa”, ma non “appresa” (cioè automatizzata in condizioni di gioco).

In questi casi la soluzione potrebbe essere:

  • Iniziare con un 11c0 classico per “comprendere” i movimenti, dedicando il solo tempo necessario per comprenderli dal punto di vista teorico.
  • Eseguire i movimenti in un contesto semplice (sempre senza avversari) ma con un’elevata densità di gioco; questo per ripetere più volte i gesti.
  • Inserire delle esercitazioni (con avversari) (o partite a tema con vincoli) che facilitino questi sviluppi di gioco; questo è l’elemento chiave per far apprendere le fasi più “rapide” del gioco.
  • Effettuare partite libere (o con pochi vincoli) in cui il gol è valido (o vale doppio) in determinate condizioni, e con feedback (quelli “positivi” rimangono maggiormente impressi) frequenti del mister.

Con questo tipo di sequenza è più facile che un giocatore apprenda uno sviluppo di gioco; ma attenzione, apprendere un determinato sviluppo significa non solamente eseguirlo con precisione, ma anche applicarlo quando le condizioni della partita lo consentono e saperlo adattare (ed eventualmente modificare) in base ad un contesto che è comunque variabile non prevedibile.

Per questo si usa il termine “ripetere senza ripetere”, cioè stabilizzare determinati concetti ripetendoli in contesti variabili affinchè possano essere appresi ed applicati correttamente in partita quando necessario.

Apprendimento ecologico calcio

Più gli sviluppi sono complessi, e più tempo è necessario dedicarvi…per questo motivo, molte volte è meglio lavorare sulle abilità individuali e far apprendere sviluppi con collaborazione tra pochi giocatori, lasciando poi più tempo ad esercitazioni specifiche in maniera tale che i giocatori riescano ad auto-organizzarsi in contesti il più simile a quelli della partita; quest’ultimo concetto, a mio parere, è particolarmente valido nei settori dilettantistici.

Conclusioni e materiale d’approfondimento

In questo articolo abbiamo visto come multilateralità e specificità non sono in antitesi se si considera l’intera carriera di un calciatore; la multilateralità deve avere la precedenza sulla specificità nei primi anni di attività, anche se quest’ultima rappresenta uno stimolo importante in qualsiasi momento di crescita del giocatore, perché ha insita il “gioco”.

L’aspetto ludico infatti, incide in maniera profonda e positiva sulla motivazione nello svolgere l’attività, e di conseguenza deve avere la precedenza (sia “con” che “senza” palla) nella scuola calcio.

L’apprendimento di nuovi movimenti è più facile quanto più hanno potuto sviluppare la loro maestria motoria (maggiore patrimonio di movimenti); infatti, un individuo apprende tutti i nuovi movimenti solo in base a quelli che già possiede.

Ovviamente non si devono fare distinzioni eccessive, in quanto molte esercitazioni possono avere insite una parte “specifica” ed una parte “multilaterale”, e/o “analitica”; quello che è importante è comprendere, è di quale tipo di esercitazioni si ha bisogno in un determinato momento, in base agli obiettivi definiti dallo sviluppo e dai processi d’apprendimento.

Il tipo di esercitazioni che invece dovrebbero avere un volume particolarmente ridotto (a mio parere), sono quelle analitiche (sia tecniche che tattiche), in quanto dovrebbero essere solamente riferite a quei momenti formativi in cui si deve scoprire e comprendere un elemento (tecnico o tattico) nuovo.

Riporto sotto altre variabili correlate, di cui è necessario assolutamente tenere in considerazione:

  • Dare la precedenza all’aspetto formativo piuttosto che al risultato; in questo i risultati arriveranno a lungo/lunghissimo termine e saranno particolarmente significativi.
  • Ridurre il più possibile lo stress indotto dall’attività agonistica

Consideriamo quindi, che nei 10 anni che si ha disposizione in un settore giovanile c’è tempo abbondante per lavorare su tutte le componenti necessarie per far maturare un giocatore; gli unici problemi insorgono quando si “punta” al risultato o quando si avvia una specializzazione precoce.

Se vuoi rimanere informato su tutti i nostri aggiornamenti e scaricare gratuitamente la nostra guida sull’allenamento, collegati al nostro canale Telegram L’allenamento motorio ed atletico nel settore giovanile.

Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico ASD Monticelli Terme, istruttore Scuola Calcio MT1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

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