Corsa e pronazione: siamo di fronte ad un falso problema?

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Comprendere i movimenti del piede (come la pronazione e la supinazione) nella fase d’appoggio consente trovare le giuste soluzioni per allenare la tecnica di corsa in funzione della prevenzione infortuni, della performance e del piacere di correre; non è poco!

L’errore che molti fanno è quello di considerare la “pronazione” come qualcosa di deleterio che incrementa il rischio di infortuni, mentre invece non è altro che un movimento naturale del piede durante la fase di appoggio.

scarpe supporto arco plantare
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Non solo, spesso si è indirizzati, da un certo tipo di marketing, ad acquistare le calzature in base al tipo di appoggio, con la presunzione che questo possa ridurre il rischio di infortuni (vedi immagine a fianco); malgrado questo, chi è particolarmente propenso ad infortuni continua ad infortunarsi…e lo credo bene, perché quello che emerge dalla bibliografia internazionale (studi e ricerche) è ben diverso da quello che spesso viene fatto credere.

Malgrado ci siano delle situazioni che richiedono l’uso di supporti o plantari, queste devono essere certificati esclusivamente da ortopedici o fisiatri (che magari si avvalgono della consulenza di esperti in attività motoria); molte volte invece, gli infortuni originano da una tecnica di corsa non corretta e da un livello di forza muscolare inadeguata.

In questo contesto, la biomeccanica del piede svolge un ruolo fondamentale in quanto è la prima parte del corpo che impatta con il terreno; in questo articolo, indagheremo nella bibliografia internazionale cosa emerge dalle evidenze di studi e pubblicazioni. Successivamente vi forniremo un protocollo utile per ridurre il rischio di infortuni, finalizzato al miglioramento della forza e della mobilità di quelle strutture che incidono sull’avvolgimento dell’elica podalica; ne beneficeranno la performance, ma soprattutto la prevenzione infortuni.

Se non sapete cosa sia l’elica podalica non è un problema, affronteremo anche questo argomento in maniera estremamente chiara ed accessibile a tutti,

Prima di vedere cosa emerge dalla bibliografia internazionale, vediamo nel dettaglio cosa si intende per pronazione e supinazione.

Perché la pronazione (e la supinazione) sono 2 movimenti naturali (entro certi limiti)

Nell’immagine sotto potete vedere in dettaglio il significato dei termini pronazione e supinazione. L’errore da non fare è considerare la situazione statica dei piedi per stabilire a priori un difetto o attribuire una caratteristica al soggetto.

che cos'è la pronazione

I motivi sono 2: il primo è che la condizione statica (quando si è in piedi fermi) non è detto che rifletta quella dinamica (mentre si corre o si cammina); il secondo è che questi atteggiamenti (pronazione e supinazione) sono dinamici…cioè, durante la fase di impatto al terreno, il piede tende a pronare per assorbire energia nelle strutture elastiche, mentre nella fase di spinta tende a supinare per restituire tale energia.

Non solo, se si dovessero analizzare 10 runner, probabilmente nessuno di questi avrebbe entrambi i piedi perfettamente simmetrici; alcuni, addirittura potrebbero presentare una leggera supinazione in un piede ed una leggera pronazione nell’altro. Da solo questo non rappresenta un problema perchè, come vedremo nel prossimo capitolo, attualmente non esiste correlazione tra il grado di supinazione/pronazione ed incidenza di infortuni (Griffith).

La normale dinamica della corsa prevede la presa di contatto del piede con la parte esterna con un movimento (naturale) di pronazione che tende ad incrementare la percezione della superficie su cui appoggia il piede ed accumulare energia elastica. Durante la fase intermedia il piede tende a supinare (invertendo la pronazione) che tende ad irrigidire il piede per trasmettere al meglio la forza propulsiva durante la fase di stacco. In tutte queste fasi, il piede dovrebbe rimanere allineato (e non ruotare esternamente).

pronazione corsa

La maggior parte dei runner, sono considerati “pronatori”; secondo il modo di attribuire le calzature visto nella parte iniziale di questo articolo, questi dovrebbero indossare scarpe con supporti, perché la pronazione tenderebbe ad abbassare eccessivamente l’arco plantare…situazione non considerata fisiologica e di conseguenza predisponente ad infortuni (secondo un tipo di “credenze”).

Ma leggete attentamente le prossime righe.

Non è mai stato dimostrato che un difetto di pronazione predisponga più facilmente ad infortuni (Dowling et al 2014), e non è mai stato dimostrato che indossare scarpe con supporti antipronazione possa ridurre il rischio di infortuni (Mattila et al 2011, Van der Worp et al 2015, Stacoff et al 2001, Reinshmidt et al 2000, Ryan et al 2011). Non solo, scarpe eccessivamente ammortizzate e protettive incrementano il rischio di overstriding.

The findings of this study suggest that our current approach of prescribing in-shoe pronation control systems on the basis of foot type is overly simplistic and potentially injurious

Traduzione: I risultati di questo studio suggeriscono che l’attuale approccio alla prescrizione del controllo della pronazione nella scarpa sulla base del tipo di piede è eccessivamente semplicistico e potenzialmente dannoso

Da: Ryan et al 2011

Nell’immagine sotto è facile intuire come l’abbassamento dell’arco plantare (durante la pronazione) sia un modo efficace per immagazzinare energia elastica (oltre a percepire le caratteristiche del terreno) prima della fase successiva di pronazione, in cui l’energia elastica viene restituita. Come vedremo dopo, molto volte, è la presenza di debolezze muscolari a non far risultare efficace questo movimento.

Immagine tratta da https://runrepeat.com/guides

Non solo, è stato dimostrato che un abbassamento di 7 mm della volta plantare (testimone di un movimento di pronazione) in fase di contatto con il terreno, è la condizione ideale per accumulare la maggior quantità di energia elastica nelle strutture legamentose e tendinee dell’arco del piede (Lundgren et al 2008, Arndt et al 2007); inoltre, soggetti che hanno una moderata pronazione hanno un rischio di infortunio più basso, perché probabilmente questa permette di assorbire meglio l’impatto del piede (Nielsen et al 2014).

Inoltre, in una ricerca (Shonglun Su et al 2017) è stato visto come i supporti tendano a ridurre il collassamento della volta plantare, ma incrementano i livelli di stress a tendini e legamenti oltre a peggiorare del 6% il costo energetico (Stearne et al 2016).

Solo per citare (come esempio) quale possa essere veramente un fattore di rischio ben conosciuto, il picco di forza di frenata è una variabile particolarmente incisiva (Napier et al 2018); sostanzialmente questa dipende da “dove” impatto con il piede al suolo (rispetto al baricentro), ma non dal livello di pronazione/supinazione. Nelle conclusioni di questo articolo potrete leggera una disamina più approfondita.

Il buon senso implica come solo oltre certi limiti la pronazione e la supinazione possono incrementare il rischio di infortuni, ma è evidente come questi limiti debbano essere indagati e stabiliti da personale qualificato come un fisiatra ed un ortopedico. Quando si oltrepassano certi limiti, si parla di iper-pronazione e iper-supinazione:

  • Iper-pronazione: situazione statica caratterizzata della volta plantare che tende a “cedere” durante l’appoggio del piede oltre un certo limite (detto anche piede piatto), innescando compensi in tutte le catene muscolari che possono poi originare in infortuni. Si è maggiormente a rischio di infortuni al tendine d’achille ed alla parte anteriore del ginocchio. Attenzione, come vedremo sotto, le cause possono essere diverse (e richiedono diversi trattamenti) e spesso sono dovute a debolezze a carico di gruppi muscolari non necessariamente localizzati nel piede, come il quadricipite o i glutei. In questi casi, un supporto anti-pronazione servirebbe ben poco.
  • Iper-supinazione: situazione statica caratterizzata da una volta plantare troppo rigida ed arcuata (detta anche piede cavo) che non permette di ammortizzare sufficientemente durante la fase di appoggio. Può essere causa di tensioni che si distribuiscono su tutte le catene muscolari che danno origini a fratture da stress, problemi alla parte laterale del ginocchio e alle anche. Questa situazione è più rara, e solitamente richiede interventi (supporti ed esercizi) finalizzati a migliorare la sensibilità di tutta la superficie del piede, al fine di stimolare un appoggio più uniforme.

Ci tengo a sottolineare come un difetto eccessivo di pronazione dinamica (ad esempio quando si corre) potrebbe essere causato da una lassità legamentosa, oppure semplicemente da un’accentuata debolezza dei muscoli che sostengono la volta plantare o altre articolazioni (ginocchio ed anche); è evidente come in questi 2 casi, l’intervento correttivo potrebbe essere diverso. In particolar modo, nel secondo caso (il più frequente) sarebbe sufficiente un protocollo muscolare finalizzato al potenziamento dell’avvolgimento dell’elica podalica (lo vedremo meglio sotto).

Infatti, dalla bibliografia internazionale e dalle evidenze, emerge come migliorando la forza dei piedi e di altri gruppi muscolari (che incidono sui movimenti di ginocchia ed anche), il rischio di infortunio a queste strutture si abbassa (Michaud 2021, Baird, Goom 2015); questo può essere facilitato anche dall’indossare scarpe minimaliste durante la giornata (non mentre si corre) (Larson et al 2012, pag 123).

I runner che pronano maggiormente sono quelli che possono trarre maggiore beneficio da questo tipo di potenziamento muscolare.

Un esempio di pronazione dinamica e rischio di infortuni

L’iper-pronazione diventa particolarmente critica quando ad essa si associano altri tipi di anomalie.

Andiamo ora a vedere una casistica molto diffusa tra i runner che si infortunano più facilmente, per comprendere successivamente come si potrebbe ridurre il rischio di problematiche.

Nella figura sotto sotto vediamo un’immagine in cui viene enfatizzata (a sinistra) una situazione di iper-pronazione statica e le possibili conseguenze in situazione dinamica (a destra).

iperpronazione corsa

Il soggetto non presenta solamente un livello di iper-pronazione (la volta plantare tende a collassare), ma anche un difetto di rotazione esterna del piede, un eccessivo valgismo delle ginocchia (ginocchia a “X”) ed un’eccessiva inclinazione del bacino (questo si vede meglio nell’immagine di destra).

L’atleta in questione presenta ipotonie in diverse catene muscolari; una tecnologia antipronazione può ridurre l’abbassamento iniziale della volta plantare, ma non incidere in maniera evidente sull’allineamento della postura (e quindi sul rischio di infortuni) quando sono presenti debolezze a livello delle catene muscolari (condizione frequente).

Non solo, runner diversi possono rispondere diversamente agli stessi tipi di supporti (Nigg 2001).

In questi casi, parte fondamentale dell’intervento dovrebbe essere quello di potenziare l’avvolgimento dell’elica podalica (lo vedremo di seguito in dettaglio) che ridurrebbe il collassamento della volta plantare e allineerebbe il piede; in più sarebbe necessario potenziare gli abduttori dell’anca (i glutei) ed i muscoli della catena estensoria (soprattutto il quadricipite).

In questi casi, il movimento si migliora con l’allenamento (Payne 2017)!

Poi, in presenza di una problematica relativa alle strutture podaliche (come una lassità legamentosa) può essere necessario ricorrere ad un plantare, ma dovrebbe essere un ortopedico o un fisiatra a prescriverlo.

I don’t think anybody needs a lot of arch support. Instead, most runners need to strengthen the arch and surrounding musculature to withstand the stress of running. Putting an insert underneath the arch impedes its function and acts as a crutch – restricting necessary movement and allowing the arch to weaken over time.

Traduzione: penso pochi runner abbiano bisogno di molto supporto per l’arco plantare. Invece, la maggior parte dei corridori ha bisogno di rafforzare l’arco plantare e la muscolatura circostante per ridurre gli impatti corsa. Mettere un inserto sotto l’arco ne impedisce la funzione e funge da sostegno, limitando i movimenti necessari e consentendo all’arco di indebolirsi nel tempo.

Jason Fitzgerald (Running Coach ed autore del libro 80/20 Running: Run Stronger and Race Faster By Training Slower

Conoscendo il concetto di elica podalica, sarà molto più facile comprendere quali possano essere i movimenti di potenziamento che possono aiutare non solamente a ridurre gli infortuni, ma anche ad essere più performanti.

Comprendere l’avvolgimento dell’elica podalica per una corsa più efficiente (migliori prestazioni e riduzione rischio di infortuni)

Nel video sotto è rappresentato un movimento molto semplice che permette di percepire l’avvolgimento dell’elica.

Per inquadrare al meglio questo movimento all’interno della corsa, è utile scomporre in 3 parti la fase di appoggio del piede a terra. Vediamole ora in modo semplificato:

  • Fase di contatto: il piede tende a toccare il suolo inizialmente con la parte più esterna. Immediatamente si verifica un movimento di pronazione del piede (l’arco si abbassa) e rotazione interna della tibia; sostanzialmente si assiste allo svolgimento dell’elica (vedi parte di sinistra dell’immagine sotto). Questo accade per incrementare la sensibilità dell’appoggio ed accumulare energia elastica nelle strutture del piede.
elica podalica
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  • Fase intermedia: inizia la fase di avvolgimento dell’elica (vedi lato di destra dell’immagine sopra) che coinvolge tutta la muscolatura degli arti inferiori (glutei, estensori del ginocchio, ecc) e quella del tronco. L’avvolgimento dell’elica evita all’arco del piede di collassare; i muscoli maggiormente coinvolti in questo processo sono il tibiale posteriore, il medio gluteo e il gastrocnemio mediale. Contemporaneamente si verifica anche una rotazione dell’intero corpo che permette di far avanzare l’anca opposta del piede in appoggio (vedi frecce rosse immagine sotto); allo stesso tempo, c’è un avanzamento del baricentro (ombelico), sempre rispetto al punto d’appoggio (vedi sotto freccia blu). In altre parole, in questa fase c’è un avanzamento e rotazione del bacino accoppiato ad un incremento della compattezza del piede (e delle altre strutture) per iniziare la fase successiva.
rotazione bacino corsa
Immagini tratta e modificata da https://geeksonfeet.com/run/pelvicrotation/

  • Fase si spinta: inizia quando si solleva il tallone, ma la punta del piede è ancora a terra; finisce quando il piede si stacca dal suolo. In questa fase la catena estensoria (quadricipite, muscoli del polpaccio, dei piedi, ecc) restituisce l’energia elastica accumulata nelle fasi precedenti, contemporaneamente all’effetto propulsivo della catena posteriore (glutei, posteriori della coscia, ecc.) comunque presente per tutte e 3 le fasi. Continua anche la rotazione interna del corpo. Questo avviene grazie alla compattezza della struttura del piede dovuto al corretto avvolgimento dell’elica; in questa fase, la compattezza è anche favorita dalla tensione dovuta all’allungamento della fascia plantare (effetto ad argano).

NB: in tutte queste fasi è importante mantenere il piede allineato (non ruotarlo esternamente) per massimizzare la spinta ed evitare che l’asse del ginocchio e della caviglia si trovino in posizioni diverse da quella di massimo allineamento.  

Infatti, la rotazione esterna del piede è una delle anomalie più frequenti che impediscono una corretta tecnica di corsa con conseguenti ripercussioni sulla postura dinamica; in particolar modo questa condizione facilita l’iper-pronazione e il valgismo delle ginocchia con l’incremento di problematiche a carico di ginocchio e tendine d’achille. Non solo, se il piede non è allineato, la gamba non riesce ad estendersi completamente peggiorando l’efficienza del costo energetico.

elica podalica corsa

Possiamo quindi concludere (con le dovute semplificazioni) come il comportamento dell’arco plantare (pronazione e supinazione fisiologici) sia una conseguenza del comportamento dell’elica podalica; per questo motivo, è necessario “lavorare” primariamente su questo movimento in congiunzione con tutti gli elementi di una giusta postura dinamica.

Nel prossimo capitolo vedremo tutti gli esercizi che aiutano a potenziare e favorire l’avvolgimento dell’elica in sinergia con tutti i movimenti citati sopra.

Come allenare e potenziare l’avvolgimento dell’elica podalica

In questo capitolo vedremo gli esercizi migliori per ottimizzare questo movimento; “allenare” l’elica podalica significa migliorare l’appoggio del piede in tutte le sue fasi (impatto, intermedia e spinta) in sinergia con il resto delle catene muscolari.

L’obiettivo è quello di migliorare i presupposti della tecnica di corsa per massimizzare la performance e ridurre gli infortuni.

*ATTENZIONE: le informazioni contenute sul nostro blog sono esclusivamente a scopo informativo, e in nessun caso possono costituire o sostituire parere e prescrizione medica o di un professionista dell’attività sportiva. Se si vogliono seguire i programmi presenti in questa guida, è consigliabile chiedere prima consulto a personale medico od esperto in attività motoria.

Prima di passare ai movimenti allenanti, faccio una breve introduzione per capire quali sono i gruppi muscolari che andremo maggiormente a stimolare, sia dal punto di vista della forza che della mobilità.

Con le dovute semplificazioni, questo tipo di approccio prevede il potenziamento del movimento dell’elica (a ginocchio teso e piegato), il rinforzo dei muscoli glutei ed abduttori dell’anca (per evitare che il ginocchio vada in valgo) ed il miglioramento della mobilità sempre dei glutei e degli abduttori dell’anca (per facilitare la rotazione interna). Inoltre, per evitare il valgismo del ginocchio è anche necessario lavorare sul potenziamento della catena estensoria (ad esempio con lo squat monopodalico), e sulla mobilità e forza dell’estensione dell’anca. Nell’immagine sotto trovate il riassunto di quanto elencato.

potenziamento muscolare corsa
Muscoli e movimenti target del nostro programma di potenziamento (clicca sull’immagine per ingrandire)

È ovvio che questo tipo di potenziamento si interseca sia con altri programmi che trovate nel nostro sito; ma non preoccupatevi, nelle prossime righe avrete tutto più chiaro. L’unica attrezzatura necessaria sono una banda elastica e una palla medica (che può essere sostituita da un peso generico di 4-6 Kg).

Preciso che modificare il proprio appoggio è un processo che richiede pazienza e costanza…se fosse facile, la maggior parte dei podisti correrebbe come i Top runner.

Ma partiamo subito dai programmi “complementari” cioè da quei metodi di potenziamento che vanno integrati a questo;

  • Programma core stability: questo è necessario per potenziare l’attività dei glutei e degli abduttori dell’anca, oltre a migliorare la forza dell’estensione dell’anca. A questo link trovate 3 programmi adatti a tutti. Inoltre, è utile per diversi motivi legati alla spinta orizzontale e la capacità di andare in salita.
  • Incremento della forza massima della catena estensoria: sostanzialmente è uno squat monopodalico finalizzato al miglioramento dei livelli massimali di forza. Non è necessaria alcuna attrezzatura e porta via pochissimo tempo.

Sotto riporto gli altri 5 esercizi (3 di potenziamento e 2 di mobilizzazione).

Lateral band walk

È un movimento estremamente importante non tanto per l’elica podalica in sé, ma perché potenzia i rotatori esterni e gli abduttori dell’anca, muscoli fondamentali per stabilizzare il bacino ed il ginocchio. Evitano quindi che il ginocchio vada in valgo (fenomeno spesso associato all’iper-pronazione) e che l’asse trasverso del bacino si inclini, riducendo il rischio di infortuni e migliorando la postura dinamica. Nel video sotto potete vedere il tutorial.

Mi raccomando il fatto di mantenere i piedi allineati e paralleli. Il busto dovrebbe essere il più possibile parallelo alle tibie e dovrebbe esserci la percezione che la spinta venga data dalla gamba che rimane a terra (passo radente al terreno).

Consiglio 2-3 serie di 40-50”, alternando l’andatura a destra ed a sinistra. Il carico di lavoro deve essere tale da arrivare alla fine della serie con un grado di affaticamento elevato, ma non ad esaurimento.

Avvolgimento dell’elica a ginocchio esteso

In questo movimento lo scopo è proprio quello di potenziare l’avvolgimento dell’elica (portandosi sulla punta del piede) ruotando internamente il bacino e mantenendo la gamba in appoggio diritta ed allineata con il piede. È importante mantenere per almeno un secondo l’equilibrio alla massima flessione plantare del piede, proprio per massimizzare l’effetto nel punto in cui il movimento è più debole.

Per facilitare l’apprendimento, ho suddiviso l’utilizzo di questo movimento in 3 step; come potete vedere nel video sotto, il primo prevede l’utilizzo di 2 bastoncini da trail (o manici di scopa) per mantenere l’equilibrio. Nel secondo step si elimina 1 bastoncino (alternare l’uso con entrambe le mani) e nel terzo vengono eliminati entrambi.

Consiglio da 10 a 20 ripetizioni per gamba, suddivise anche in 2 serie. Ripeto, mantenere l’equilibrio nella fase finale del movimento è difficile, ma è proprio questo l’effetto allenante. È molto importante mantenere una giusta simmetria e sforzo tra i 2 arti inferiori

Avvolgimento elica a ginocchio piegato

Per questo movimento ho preso spunto da questo video di James Dune; si tratta sostanzialmente di uno squat statico-dinamico (cioè con movimenti lenti) monopodalico in cui si enfatizza il movimento rotatorio dell’elica. In questo esercizio, insieme al movimento di piegamento tipico dello squat monopodalico, si effettua una rotazione interna del bacino (vedi video sotto). Questo consente il potenziamento dell’avvolgimento dell’elica in particolar modo nella fase di impatto ed intermedia della corsa.

L’esecuzione del movimento deve essere lenta, e tale da sensibilizzare tutto l’arco del movimento. Con il passare delle settimane, potrà essere velocizzato, ma mantenendo sempre la giusta esecuzione e simmetria.

È da prestare attenzione in particolar modo che il ginocchio non vada mai in valgo (cioè non collassi all’interno); se accade, è necessario ridurre l’ampiezza del piegamento per entrambe le gambe, mantenendo una “simmetria” nello stimolo allenante (cioè piego entrambe le ginocchia allo stesso modo).

Esistono 2 varianti, peraltro molto simili, dal punto di vista esecutivo: la prima è quella di focalizzare l’appoggio sulla parte centrale del piede (appoggiandolo a tutta pianta), mentre la seconda è quella di (sempre appoggiando l’intera pianta) di portare il baricentro prevalentemente sull’avampiede. Quest’ultima è più impegnativa (è più difficile mantenere l’equilibrio), ma è anche più allenante.

Anche con questo esercizio è possibile iniziare con 10-20 ripetizioni per gamba divisi in 2 serie.

Una raccomandazione: sollecitando componenti torsive a carico del ginocchio, chi ha (o ha avuto) problematiche a quest’articolazione, è bene che chieda prima a personale qualificato se esistono controindicazioni nell’esecuzione.

Esercizi di mobilizzazione

Malgrado questo approccio debba essere in parte individualizzato (in base alle lacune dell’atleta), esistono un paio di movimenti che sono fondamentali per migliorare la postura dinamica del runner, e di conseguenza la performance e la prevenzione.

Il primo è l’estensione dell’anca; nell’immagine sotto è possibile vedere questo movimento indicato dall’angolo in bianco e dalla freccia bianca. La freccia rossa indica la spinta propulsiva, che deve avere un’inclinazione il più possibile orizzontale; nel caso in cui l’estensione dell’anca fosse limitata, la freccia rossa spingerebbe prevalentemente verso l’alto, limitando la spinta orizzontale del runner e di conseguenza l’avanzamento (velocità di corsa).

estensione anca corsa

Dall’immagine possiamo vedere come l’esercizio ideale è il kneeling quad stretch. Non è una posizione semplice da effettuare correttamente, quindi nel caso in cui non si riesca a mantenere, consiglio di iniziare con altri 2 movimenti, cioè il samson stretch ed il standing quad stretch.

Secondo Kelly Starret (autore del best sellers Diventare agili e forti come un leopardo) il tempo ideale di mantenimento di una posizione affinchè possa portare dei miglioramenti evidenti è di circa 2’ al giorno (consigli odi iniziare comunque con 30-60”); servono comunque mesi di costanza affinchè determinati benefici diventino concreti. Una volta che si riesce ad effettuare correttamente il kneeling quad stretch, si può passare anche al Couch stretch; sempre lo stesso autore (nel suo libro Ready to run), evidenzia come sia un esercizio fondamentale per l’ottimizzazione della tecnica di corsa (ovviamente sostituirebbe il Kneeling quad stretch)

Altro gruppo muscolare che per la maggior parte dei runner va incontro a retroazioni ed irrigidimenti eccessivi sono i rotatori esterni dell’anca; sopra abbiamo visto come questi muscoli vadano potenziati, ma è anche necessario far mantenere a loro una corretta mobilità, altrimenti si correrebbe il rischio che i piedi ruotino esternamente quando si corre. Se questo accade, la gamba non riuscirà ad estendersi, e perderà spinta propulsiva, oltre ad inarcare la schiena e inclinare eccessivamente il busto in avanti.

L’esercizio più semplice ed ideale è il Supta Matsyendrasana; è una posizione presa dallo Yoga e potete trovare la descrizione completa leggendo questo articolo (vedi immagine sotto). La posizione può essere mantenuta da 1’ (le prime volte) a 2’ per lato.

supta matsyendrasana corsa

Tom Michaud nel suo Injury free Running presenta anche una versione prono (pancia in giù); quest’ultima è più allenate perché il carico è dato dal peso del corpo, ma è da evitare agli inizi, in quanto potrebbe sollecitare eccessivamente il rachide.

Questa posizione è tanto più importante quanto più si tende a ruotare esternamente i piedi mentre si corre. È comunque un esercizio fondamentale perché permette di assecondare la rotazione interna della coscia durante la fase finale della fase di appoggio (fase di spinta).

In aggiunta a queste 2 posizioni di mobilizzazione, consiglio anche di effettuare gli esercizi di allungamento funzionale durante il riscaldamento di tutti gli allenamenti.

Nell’infografica sotto potete vedere il riassunto degli esercizi e le posizioni descritte.

esercizi per correggere iperpronazione
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Serve gradualità nell’implementazione del programma

Il programma indicato sopra è difficile da attuare per intero partendo da zero. Serve criterio per abituarsi gradualmente, non solo dal punto di vista atletico, ma anche per quanto riguarda il tempo da dedicarvi. In alcuni casi può anche essere necessario ridurre l’intensità degli allenamenti di corsa per un breve periodo.

Premettendo che andrebbe inserito grazie a personale qualificato, mi limito a dare alcune indicazioni, affinchè chi vuole iniziare approcci dai mezzi allenanti che possono avere maggiore incidenza.

Per chi non controindicazioni o problematiche particolari, consiglio di iniziare con gli allungamenti funzionali (da are in tutti gli allenamenti di corsa) e il programma di core stability. Una volta trovato il giusto carico allenante e il tempo da dedicarvi, è possibile inserire anche il programma specifico per l’avvolgimento dell’elica podalica (quello di questo articolo); per ultimo, lo squat monopodalico per l’incremento della forza massima.

Per chi invece deve assolutamente lavorare sulla prevenzione infortuni, consiglio di iniziare sempre con gli allungamenti funzionali (da are in tutti gli allenamenti di corsa), ma abbinati al programma specifico per l’avvolgimento dell’elica podalica. Successivamente potrà inserire quello per la core stability, e solo più avanti (per ultimo) lo squat monopodalico per la forza massima.

Alcune raccomandazioni importanti

Quando si eseguono esercitazioni per la forza muscolare è importante anche cercare di capire quale possa essere il giusto carico allenante per ogni soggetto.

Accanto agli esercizi è quindi da considerare il numero di ripetizioni, serie e la frequenza con la quale farle in allenamento. Visto che ogni atleta è diverso dall’altro, consiglio di aggiungere questi con estrema gradualità, in particolar modo chi si allena 6 o più volte a settimana.

È sempre bene evitare di inserirli nelle 48-72 ore che precedono un allenamento particolarmente impegnativo (o una gara); è una buona idea farli alla fine dell’allenamento di corsa, a patto che non abbia causato affaticamenti muscolari.

Per i primi 3 esercizi, consiglio di iniziare con il numero di ripetizioni minime indicate e vedere il tempo che ci si impiega per “recuperare”. “Recuperare” significa non risentire più degli affaticamenti indotti da questo tipo di lavoro.

L’incremento del carico (numero di ripetizioni o frequenza settimanale) deve essere sempre soggetto a questo tipo di attenzione; prima di effettuare la seduta successiva si deve aver la certezza di aver completamente recuperato; il recupero è indice che gli effetti allenanti si sono manifestati.

Con il passare delle settimane si potrà trovare il proprio dosaggio ideale; personalmente, effettuo questi esercizi 1 volta alla settimana, effettuando anche lo squat monopodalico per la forza massima (una volta ogni 14 giorni) ed il programma della core stability per la corsa (quest’ultimo spalmato durante l’arco della settimana).

Ma ripeto, ogni runner è diverso dall’altro, e deve trovare il proprio carico ottimale; per questo motivo è necessario iniziare con la massima gradualità, perché gli esercizi di forza inducono affaticamenti che hanno la necessità di essere recuperati.

Per quanto riguarda i 2 esercizi di mobilità (Kneeling quad stretch e Supta Matsyendrasana) possono essere fatti anche giornalmente, in particolar modo il primo, fino a quando non si arriva ad un livello di mobilità tale da poter mantenere correttamente la posstura.

Non solo forza

Affinchè lavoro di forza possa trovare beneficio nel gesto della corsa, può essere necessario eseguire andature apposite per la tecnica di corsa (Noehren et al 2011); non è il caso di tutti gli atleti, ma soprattutto per quelli che hanno avuto diversi infortuni, o che vengono da un periodo di stop, è consigliabile inserire con estrema gradualità anche questo tipo di stimoli, meglio se alla fine della seduta di corsa. Nel nostro articolo dedicato alle andature per il running trovare la descrizione dettagliata del programma per le andature.

Per chi è e per non è questo protocollo

Partendo dal presupposto che andrebbe fatto solo dopo consulto con personale qualificato, gli esercizi presentati sorpa sono particolarmente utili in questi casi:

  • quanto più si tende a pronare mentre si corre e/o si ha poca stabilità dovuta ad un deficit di forza degli inversori del piede
  • quando si tende a ruotare esternamente il piede
  • in caso di debolezza degli abduttori e rotatori esterni (glutei soprattutto),
  • in caso di debolezza del vasto mediale

Sono da evitare per chi è un iper-supinatore, in quanto in questo caso si dovrebbe lavorare maggiormente sulla sensibilità dell’appoggio del piede e sulla mobilità delle strutture legamentose.

Atleti senza deficit possono comunque trarre giovamento da questo protocollo (in assenza di controindicazioni di personale qualificato), in quanto il lavoro di forza sembra essere sempre efficace nei confronti della prevenzione infortuni (Laursen et al 2018). Ricordo che secondo Orlando Pizzolato indica come la maggior parte dei runner amatori abbia un deficit di applicazione di forza.

Per fare un esempio, vedete le strutture muscolo-tendinee come degli elastici; il rischio di lesione dell’elastico dipende dal grado di tensione che viene applicato durante lo sforzo, ma anche dalla resistenza dell’elastico (migliorabile grazie all’allenamento di forza).

Concludiamo con logica e buon senso

Il maggiore predittore degli infortuni, sono gli infortuni precedenti (Michaud 2021, pag 136); di conseguenza, i lavori finalizzati alla prevenzione dovrebbero essere guidati grazie all’individuazione dei fattori di rischio individuali; una valutazione funzionale effettuata presso un centro competente permette di individuarli con efficienza.

Tra i fattori di rischio più evidenti ci sono l’ovestriding (cioè impattare con il piede troppo lontano dal baricentro) che incide sul picco di frenata (Napier et al 2018); Tom Michaud nel suo Injury Free Running, indica come sia particolarmente importante che alcuni muscoli della catena posteriore (in particolar modo glutei e posteriori della coscia) si attivino precocemente prima dell’impatto al suolo, per “spingere avanti il bacino” nel momento giusto e ridurre l’impatto di frenata. Altri fattori, sempre secondo lo stesso autore, che inciderebbero maggiormente sugli infortuni sono muscoli del bacino rigidi e deboli, e la debolezza dei muscoli che sostengono l’arcata plantare.

Fatte queste considerazioni, il protocollo proposto in questo articoli influenza tutte le componenti indicate che incidono sugli infortuni.

cause infortuni corsa
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Con questo non sto dicendo che scarpe con supporti o plantari siano inutili, ma che la loro necessità deve essere confermata esclusivamente da personale medico (ortopedico e fisiatra).

Se sei alla ricerca della scarpa ideale per le tue caratteristiche, ti consiglio di leggere la nostra guida sulla “scelta delle scarpe da running”; puoi scaricarla gratuitamente iscrivendoti al nostro Canale Telegram. In più riceverai contenuti esclusivi e informazioni riguardanti le nostre nuove pubblicazioni ed aggiornamenti.

come scegliere scarpe corsa

Autore dell’articolo: Melli Luca, Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 e preparatore atletico AC Sorbolo. Email: melsh76@libero.it

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