Analisi della tecnica di corsa per migliorare la performance e prevenire gli infortuni

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(Aggiornato al 23/03/2022)

Appena l’1% di differenza nel tempo di appoggio tra un piede e l’altro, provoca un incremento del 3,7% del costo metabolico della corsa (Joubert et al 2020); considerando che in media, tra i runner, la differenza è del 5% (Russo 219, pag 251), è possibile intuire quali possano essere i miglioramenti prestativi a seguito di un perfezionamento della tecnica di corsa.

I possibili benefici sono ancor più evidenti se consideriamo che non sono solamente le asimmetrie (ad esempio nei tempi di contatto) ad influire sull’economia di corsa, ma anche altri aspetti che riguardano la tecnica.

Per comprendere i potenziali miglioramenti, è però necessario essere consapevoli di quelli che sono i punti deboli della propria corsa: è in questo contesto che entra in gioco la valutazione funzionale dei runner.

Ma attenzione, una corretta valutazione funzionale è anche in grado di mettere a conoscenza il runner di tutte le variabili metodologiche che possono aiutarlo a ridurre il rischio di infortuni; infatti, le “anomalie” della propria tecnica di corsa non influenzano solamente il costo metabolico (ed indirettamente la performance), ma anche lo stress a cui sono sottoposti ai tessuti, e di conseguenza l’attitudine ad infortunarsi.

Queste “anomalie” possono essere di diverso tipo, ed evidenziabili attraverso asimmetrie (come abbiamo visto prima), direzioni di spinta delle linee di forza, angoli di impatto, ecc. Sostanzialmente sono limitazioni funzionali che impediscono al runner di ottimizzare il proprio sforzo in virtù della performance e di essere libero da infortuni.

Ovviamente non è possibile effettuare un’efficace valutazione “fai da te”, in quanto richiede la raccolta e l’interpretazione dei dati da parte di personale esperto; fortunatamente sono sempre di più i centri che si occupano di questo tipo di valutazione.

Per questo motivo, in questo post vi forniremo semplici linee guida per comprendere appieno l’utilità della valutazione funzionale del runner, fornendo i punti essenziali per capire quali centri offrano i migliori servizi; in più, alla fine del post troverete le indicazioni di Mauro Testa, uno dei Biomeccanici maggiormente autorevoli in materia.

Perché si deve parlare di “valutazione funzionale” e non di “analisi della corsa”

Malgrado le parole “analisi della corsa” sino quelle che maggiormente caratterizzano questo tipo di ricerca su google, è necessario specificare come anomalie presenti nella tecnica di corsa derivino spesso da atteggiamenti posturali errati. Di conseguenza, l’intervento volto a migliorare la propria corsa deve partire da una conoscenza più ampia del solo gesto motorio specifico.

Il termine “valutazione funzionale” prende in considerazione non solo l’analisi della corsa, ma anche una serie di esami posturali in grado di comprendere i legami tra le “possibilità funzionali” e la corsa.

Infatti, la corsa è un gesto motorio ciclico il cui controllo del movimento è prevalentemente affidato a centri nervosi involontari; non a caso, quando corro, non sto certo a pensare a come organizzare tutti i segmenti corporei.

La conseguenza, è che se le possibilità funzionali sono inadeguate, la tecnica di corsa risulterà inefficace, incrementando il costo energetico ed il rischio di infortuni.

Ma cosa sono le possibilità funzionali?

Come abbiamo visto nel nostro post dedicato alla tecnica di corsa, sono tutti quei fattori che determinano i movimenti, come la forza, l’estensibilità, l’elasticità, l’equilibrio, la simmetria, ecc. delle varie catene muscolari.

Di conseguenza, l’analisi di corsa va integrata con altri tipi di valutazione in grado di dare il numero maggiore di elementi per comprendere come intervenire nelle anomalie associate alle possibilità funzionali.

Non mi dilungo eccessivamente sull’argomento, ma porto un esempio in maniera tale che possa essere chiara l’importanza del concetto espresso.

Nel lato sinistro dell’immagine sotto, è rappresentato un problema di valgismo al ginocchio destro durante un test posturale (squat test monopodalico); è del tutto probabile che questo tipo di anomalia si rifletta anche sulla tecnica di corsa, con lo stesso atteggiamento del ginocchio (vedi parte destra dell’immagine).

Questo comporta anche problematiche a livello dell’appoggio del piede (eccessiva pronazione) e del bacino (inclinazione sull’asse frontale); i rischi maggiori di questo atteggiamento, oltre ad un’asimmetria del tempo di appoggio, sono relativi ad infortuni come la tendinite all’achilleo o del tendine rotuleo.

In questo caso, la tipologia di intervento correttivo deve coinvolgere più catene muscolari e partire dai movimenti funzionali più semplici.  In altre parole, una volta individuate le anomalie, è necessario comprenderne le cause ed agire su di esse.

Di conseguenza, dopo la valutazione funzionale, bisogna essere consapevoli della necessità di riferirsi a personale competente in grado di correggere l’anomalia con un programma metodologico adeguato, meglio se integrato con il proprio allenamento di corsa. Questa figura professionale può essere tranquillamente il proprio tecnico o un preparatore atletico che lavora in sinergia con il centro dove si è fatta la valutazione. Non è da escludere l’intervento di altre figure professionali come l’ortopedico (in caso di dismorfismi), il podologo, il nutrizionista o l’osteopata.

Tutte queste attenzioni possono sembrare eccessive (anche in termini di costi), ma rappresentano sicuramente il miglior investimento in termini di prevenzione infortuni e di potenziale incremento della performance.

In che esami consiste la valutazione funzionale?

Non è mia intenzione illustrare tutti i protocolli possibili, ma credo sia necessario essere consapevoli quali tipi di analisi siano necessarie per effettuare una valutazione adeguata.

Solitamente viene effettuato tutto nel centro (o nel laboratorio) per massimizzare la logistica ed il tempo a disposizione.

Come abbiamo visto sopra, l’analisi di corsa è da affiancare primariamente ad analisi posturali come lo “squat test” (bipodalico e monopodalico), il “test di equilibrio su un piede”, ecc. Questi permettono di dare una prima impressione della postura in condizioni statiche.

Successive analisi in movimento permettono di approfondire ulteriormente le condizioni del runner; questi sono il test del cammino e altri movimenti funzionali (come il Functional Movement Screen).

Queste valutazioni sono molto importanti perché analizzano gli effetti della vita extrasportiva sulla postura e sui movimenti di base; infatti, il tempo dedicato all’allenamento è solo una minima parte dell’intera settimana. Di conseguenza, è necessario comprendere come la vita di tutti i giorni influenzi il nostro corpo, per poi collegare questi effetti con l’analisi di corsa.

Di seguito, l’analisi di corsa si svolgerà su un tapis roulant; solitamente sono utilizzate almeno 2 telecamere, una in grado di analizzare i movimenti del piano frontale (posta davanti o dietro al runner) e una del piano sagittale (posta lateralmente). Queste sono effettuate per avere a disposizione dati riguardanti tempi di appoggio, angoli dei segmenti corporei nelle varie fasi, ecc. Spesso si avvalgono di software in grado di semplificare non poco tutti i passaggi di analisi, restituendo abbastanza velocemente i dati che si vogliono approfondire.

Ma è sufficiente l’analisi effettuata sul tapis roulant?

Per rispondere a questa domanda è necessario chiedersi: “la corsa sul tapis roulant è la stessa della corsa all’aperto?

Diversi studi hanno approfondito le differenza tra la corsa sul tappeto e quella in condizioni normali; nell’infografica sotto potete vedere le differenze riscontrate nelle pubblicazioni di Van Hooren et al 2020 e Beer et al 2020, oltre dalle valutazioni effettuate da Mauro Testa (comunicazione personale)

Dall’infografica è possibile intuire come l’analisi di corsa effettuata sul tapis roulant non sia perfettamente fedele a quella effettuata all’aperto. Con le dovute semplificazioni, possiamo affermare che siano i dati ottenibili dalla ripresa laterale e la frequenza del passo (con implicazioni anche sul tempo di contatto) a risentire maggiormente di questa differenza.

Riporto sotto una sintesi di una chiaccherata sull’argomento con Mauro Testa, biomeccanico la cui autorevolezza è riconosciuta a livello internazionale:

“la corsa in condizioni reali è possibile rappresentarla da un insieme di mini-frenate che avvengono quando il piede impatta con il terreno, e mini-accelerazioni dal momento in cui questo comincia a spingere orizzontalmente il corpo; il rullo del tapis Roulant (TR) invece scorre a velocità costante, senza accelerazione e decelerazioni. È in particolar modo il comportamento de muscoli Glutei (fondamentali per la postura e la locomozione) ad evidenziare questa differenza.

In base ai dati ottenuti da Mauro, la riduzione della loro attivazione sul TR va dal 25 al 60%.

Altre variabili che possono influenzare le differenze tra TR e corsa all’aperto sono:

  1. La “non abitudine” che tutti hanno a correre su questo attrezzo; non a caso, alcuni riferiscono di trovarsi a proprio agio, mentre altri indicano di trovarsi maggiormente in difficoltà rispetto a quando corrono sul tappeto.
  2. L’attrito dell’aria: sul TR ovviamente non è presente l’attrito dell’aria; per questo motivo viene consigliato di inclinare dell’1% la pedana, al fine di incrementare il costo energetico in maniera il più simile possibile a quanto avviene nella realtà; malgrado questo, è evidente come ci possano essere differenze dovute a fattori biomeccanici.
  3. Ultimo fattore è relativo alla superficie di appoggio; molti TR hanno superfici più morbide rispetto all’asfalto, quindi è plausibile che la differenza nei confronti della biomeccanica di corsa sia evidente. Non solo, se il TR non ha un motore sufficientemente potente, la velocità indicate dallo strumento potrebbero subire delle modifiche in base al peso del runner; un runner pesante infatti, potrebbe alterare lo scorrimento della cinghia più facilmente di un podista leggero.

Tutto questo non significa che il TR sia inadeguato per l’analisi di corsa, ma è necessario essere consapevoli che i parametri relativi alla “visuale laterale” non sono sufficientemente precise; vediamo nel prossimo capitolo come ovviare al problema con le “analisi integrate”.

Le analisi integrate della valutazione funzionale del runner

Per “analisi integrate” si intendono tutti quei tipi di valutazione che vanno ad integrare il protocollo indicato sopra, arricchendo le informazioni che possono essere fornite. Tra le più importanti segnalo l’esame baropodometrico e l’analisi di corsa all’aperto.

L’analisi di corsa all’aperto ha sicuramente il vantaggio di eliminare tutte quelle differenze che si possono riscontrare con il tapis roulant; le difficoltà sono ovviamente legate ai tempi, agli spazi (dove effettuarlo) e di conseguenza ai costi. Inoltre, all’aperto la calibrazione delle telecamere è estremamente più difficile, a tal punto da non permettere di ottenere la stessa precisione dei dati ottenuti in laboratorio con il TR. Proprio per questo, rappresenta un’analisi integrata e non va a sostituire quella fatta in laboratorio.

In ogni modo, all’aperto è possibile esaminare con maggiore precisione e realismo gli angoli di impatto di gamba e piede (visione laterale), cioè quelli che più di altri (tra i runner amatori) rappresentano i difetti della tecnica di corsa che possono causare infortuni e probabilmente limitano il rendimento atletico.

Allora come trovare un compromesso ideale?

A mio parere, questo tipo di riprese è anche possibile effettuarle autonomamente dal runner grazie ad un amico/parente che riprende lateralmente (è sufficiente anche l’utilizzo di un cellulare) più volte il passaggio del runner su un percorso circolare.  Come vedremo successivamente, l’errore associato ad un’eccessiva distanza tra proiezione del baricentro e malleolo in fase di impatto, quando presente, è particolarmente evidente grazie a riprese laterali effettuate all’aperto.

I filmati potranno poi essere consegnati al centro che effettua la valutazione funzionale, per essere analizzati ed integrati con l’analisi effettuata sul TR; in questo modo si evitano i costi di un’analisi all’aperto. Come vedremo sotto, con le riprese all’aperto solitamente si valutano gli angoli di impatto della tibia, del piede e della coscia.

Esistono comunque centri di valutazione in grado di effettuare riprese esterne, corredate da apparecchiature indossabili in grado di ottenere analisi più approfondite della sola videoanalisi. Quello che è importante, è analizzare il movimento di almeno 2 velocità; la prima è quella di corsa lenta (cioè l’andatura più utilizzata in allenamento), mentre la seconda è quella di gara.

L’alternativa è quella di effettuare la ripresa in gara, possibilmente sia nei primi Km che nei Km finali; in questo caso si noterebbero gli eventuali effetti della fatica sulla tecnica di corsa.

Riporto sotto i requisitimi minimi per riprese “fai da te”, ma che comunque possono offrire spunti di analisi interessanti per chi effettua la valutazione. Per chi volesse approfondire in maniera abbastanza dettagliata gli elementi da valutare per l’analisi di corsa, consiglio di leggere il quarto capitolo del libro di Tom Michaud, Injury Free Running.

Anche l’esame esame baropodometrico è una valutazione estremamente utile; questo rappresenta un’analisi molto approfondita del passo e delle pressioni al suolo del piede. Infatti, i muscoli dell’arcata plantare e delle dita garantiscono stabilità e spinta durante la locomozione; il loro indebolimento provoca infortuni e un peggioramento performance. Questo è più evidente tanto più si invecchia e si ha uno stile di vita sedentario. Molti problemi di natura propulsiva nella fase di spinta originano proprio dai piedi (Kulmala et al 2014).

Per questo tipo di analisi ci si avvale di test statici e dinamici; questi ultimi possono essere effettuati su pedane, oppure grazie a solette strumentate da inserire nella scarpa.

Altre analisi integrate

La valutazione delle potenzialità e dei limiti del runner può essere ulteriormente arricchita da altri tipi di analisi; la prima è sicuramente l’analisi nutrizionale. In maniera estremamente approssimativa, possiamo affermare come 1 Kg di massa grassa possa rallentare il runner di 2-3”/Km circa (Cureton et al 1978, Zacharogiannis et al 2017). Non solo, il come ci si alimenta non influenza solamente il peso corporeo, ma anche il recupero e di conseguenza l’adattamento agli stimoli allenanti. Inoltre, negli ultimi anni stanno emergendo sempre di più il legame tra performance e microbiota intestinale, alimentando le conoscenze sui marginal gain ottenibili da un’alimentazione corretta.

Altra tipo di analisi è la valutazione osteopatica; dell’osteopatia è ormai riconosciuta l’efficienza per aiutare il recupero e la prevenzione di infortuni (Brolinson et al 2008). Questa pratica non è solamente da considerare per il trattamento, ma anche per la diagnosi per la ricerca di sintomi e disfunzioni. Ne deriva, che è in grado di fornire ulteriori elementi alla valutazione funzionale, grazie alla manipolazione, cioè sulla percezione della struttura e della funzione dell’osteopata.

Ulteriori approfondimenti/analisi possono essere richiesti a livello ortopedico (ortopedico o fisiatra) in caso di infortuni presenti o di dismorfismi.

Prima di andare a vedere come poter interpretare i dati della valutazione funzionale e i conseguenti benefici, credo sia importante capire come una valutazione efficace dipenda primariamente dalle competenze del professionista che la effettua. Infatti, non è una semplice raccolta di dati, ma l’interpretazione di questi per fornire le informazioni più utili per la riduzione del rischio di infortuni ed il miglioramento della performance.

Interpretazione dei dati e benefici

Successivamente alla raccolta dei dati, è necessario passare ad un secondo step, cioè quello che permette di comprendere quanto questi possano fornirci indizi preziosi per migliorare il nostro essere runner.

Sostanzialmente è da capire quali siano le cause delle anomalie, al fine di fornire informazioni utili per quanto riguarda l’allenamento.

Infatti, ciò che viene riportato non è un semplice “corro bene”, oppure “corro male”, ma l’evidenza di dati o indici che possono indirizzare verso una metodologia d’allenamento più appropriata ed efficiente. Per questo, rimarchiamo ulteriormente quanto sia importante la competenza di chi effettua la valutazione.

Ovviamente non è lo scopo di questo articolo entrare nei dettagli, ma voglio comunque fornire alcuni esempi per far capire i potenziali benefici che si possono ottenere.

Secondo Folland et al 2017, “la tecnica di corsa spiega una proporzione sostanziale della varianza nell’economia di corsa (39%) e nelle prestazioni (31%)”; sono in particolar modo variabili come i parametri del passo (tempo di contatto, ecc.), gli angoli degli arti inferiori (flessione plantare del piede, intervalli di movimento di ginocchio ed anche) e i movimenti del bacino (rotazione, oscillazione verticale, impulso di frenata) a determinare l’efficienza della tecnica di corsa.

L’interpretazione di questi dati è comunque fondamentale per adattare i parametri “ideali” alle caratteristiche del soggetto.

Partiamo dal presupposto che nessuno è perfetto ed il nostro corpo (soprattutto a livello del bacino) riesce a compensare anomalie di lieve entità. Oltre un certo livello però, queste, anche se non direttamente percepibili, possono dare origini ad infortuni.

Ovviamente lo scopo non è la ricerca della perfezione, ma individuare quali anomalie possono penalizzare maggiormente la performance (e/o incrementare il rischio di infortuni) e cercare di risolverle considerando le individualità del runner.

Quelle più facili da individuare sono le asimmetrie, cioè le differenze funzionali tra il lato destro e sinistro del corpo; come evidenziato ad inizio articolo, l’1% di differenza nel tempo di appoggio, provoca un peggioramento del 3,7% del costo metabolico della corsa (Joubert et al 2020)

L’esame posturale (cioè la prima parte della valutazione, quella non svolta sul TR) è quello maggiormente in grado di evidenziare le cause di queste problematiche, che hanno ripercussioni anche sulla tecnica di corsa.

Ma le anomalie possono anche essere “simmetriche”, cioè coinvolgere egualmente entrambi i lati del corpo, oppure il bacino/tronco; tra le più comuni, ricordiamo l’antiversione del bacino, casi di varismo/valgismo, dorso curvo, ecc. Senza dilungarci nei dettagli, possiamo affermare che genericamente queste condizioni sono causate da eccessiva rigidità di alcuni segmenti corporei e dalla debolezza di altri.

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Proprio l’approfondimento di questo aspetto permette di comprendere quale possa essere, dal punto di vista metodologico, l’intervento allenante (vedremo di seguito come) più appropriato per ottenere i massimi benefici.

Affinchè ciò sia possibile, non sono solo da indentificare le anomalie più significative, ma comprenderne le cause; questo è il motivo per il quale un’attenta valutazione non si basa solo sull’analisi di corsa, ma anche su altri aspetti come la postura e la funzionalità dei movimenti.

Un esempio molto frequente: quando l’errore è nella distanza dell’impatto del piede (overstriding)

A livello di analisi di corsa, una delle lacune maggiori dei runner amatori è la distanza orizzontale tra il baricentro (convenzionalmente l’ombelico) ed il piede (si considera il malleolo) durante la fase di impatto; questo dà origine al fenomeno dell’overstriding.

Dall’immagine sotto, è possibile vedere come il runner di sinistra probabilmente impatterà al suolo con una distanza inferiore rispetto a quello di destra. Quando questa distanza è eccessiva (vedi runner di destra), si assiste ad un’eccessiva frenata ad ogni passo, con la tendenza a rallentare eccessivamente ad ogni appoggio, aumentando la spesa energetica.

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Non solo, atterrando con la parte posteriore del piede, il carico verrà prevalentemente distribuito sul tallone, cioè una struttura ossea (rigida) che successivamente la trasmetterà ad altre strutture rigide, con un elevato rischio di traumi che nel tempo possono dare origine a dolori e infortuni alle articolazioni, in particolar modo alle ginocchia e schiena.

Il runner di sinistra invece, atterrando con il piede più vicino al centro di gravità, effettuerà una frenata di minore entità, preservando l’inerzia accumulata durante la fase di volo. Inoltre, probabilmente atterrerà su una porzione leggermente più avanzata del piede (mesopiede), ridistribuendo al meglio l’impatto al suolo sulle catene muscolari (e non su ossa/articolazioni), permettendo di sfruttare al meglio l’energia elastica dei tessuti molli (tessuto muscolare e connettivale).

Come potete vedere dal 44’ minuto di questo video di Correre naturale, la maggior parte (circa il 90%) dei runner che corrono a livello amatoriale presenta una distanza eccessiva tra la proiezione del baricentro e il punto di impatto del piede.

Questa condizione è in parte minimizzata quando si corre su Tapis Roulant (TR) perché la frequenza del passo tende ad essere superiore; per questo motivo, per verificare al meglio questa variabile, è consigliabile l’utilizzo della ripresa laterale in condizioni reali, magari misurando l’angolo di inclinazione della tibia (oltre ad altre variabili), in quanto più facile da estrapolare (in una video-analisi) rispetto alla distanza tra malleolo e proiezione del baricentro.

Quello sopra ovviamente è solo un esempio dei dati che si possono avere con l’analisi di corsa in condizioni reali; altre variabili che possono avere un effetto significativo sulla tecnica di corsa sono l’angolo di spinta, l’oscillazione verticale, il tempo di contatto, ecc.

Non mi stancherò mai di ricordare quanto la bravura e le competenze di chi effettua la valutazione sia un aspetto fondamentale per avere le informazioni necessarie per l’intervento metodologico.

Correggere le anomalie per essere dei runners migliori

Una volta comprese le cause delle anomalie, nel terzo step è fondamentale applicare con realismo interventi nell’allenamento che tendano a ridurre i fattori di rischio e le imprecisioni evidenziate nella valutazione funzionale. Questo può essere gestito dal proprio tecnico (dopo aver studiato l’esito della valutazione) o da un preparatore atletico del centro che ha effettuato le analisi.

A mio parere, l’approccio migliore è quello presentato dall’Esercizio Correttivo®; questo è formato da 2 fasi:

  1. Fase di riequilibrio: in questa fase, si opera in maniera analitica e/o funzionale per compensare le lacune dei gruppi muscolari o delle catene miofasciali. Come abbiamo visto sopra, la maggior parte delle anomalie originano da condizioni di debolezza muscolare (poca forza) di alcuni gruppi/catene muscolari e dalla rigidità di altre (o entrambi). Lavorando con esercitazioni finalizzate alla compensazione di queste lacune, sarà possibile intervenire dal punto di vista posturale e funzionale, creando i prerequisiti per la fase successiva. Per semplificare si inseriscono esercitazioni di potenziamento muscolare e di incremento della mobilità tramite movimenti analitici o funzionali.
  2. Fase di integrazione: una volta ridotte le lacune, sarà necessario “riprogrammare” correttamente lo schema motorio di base del runner tramite stimoli che vadano ad incidere sulla coordinazione del movimento specifico della corsa. Solitamente si inserisce un’ampia gamma di andature tecniche (come skip, calciata, doppio impulso, ecc.) e un approccio metodologico volto a migliorare la forza specifica (solitamente grazie a mezzi allenanti che sfruttano le salite) e la velocità (azioni ad alta intensità); il tutto sempre in maniera estremamente graduale.

La fase di “integrazione” è quella solitamente più sottovalutata; infatti, riacquisire forza e flessibilità (cosa che accade nella prima fase, quella di “riequilibrio”) non è sufficiente se il sistema nervoso non riprende correttamente le sequenze di attivazione delle catene muscolari, disattivando anche i neuroni di Renshaw (Sergio Rossi). In altre parole, posso riequilibrare i miei livelli di forza, ma se non riesco ad applicarla correttamente, la tecnica di corsa non sarà adeguata. Ma facciamo un esempio per comprendere meglio.

Esempio: overstriding ed approccio metodologico

Nell’immagine sotto è raffigurato un esempio paragonabile quello precedente, nel quale un atleta (quello di sinistra) tende ad impattare con il piede troppo lontano dalla proiezione del baricentro (overstriding), provocando una frenata eccessiva nel momento della fase di contatto al suolo con ripercussioni negative nei confronti della spesa metabolica e del rischio di infortuni.

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Come intervenire in questi casi?

Facciamo ora un esempio di come poter ovviare a questa anomalia dal punto di vista metodologico, ipotizzando che questo sia l’unico difetto emerso dalla valutazione. In questi casi, solitamente la problematica emerge a causa di una stiffness non sufficiente o di una problematica coordinativa dovuta ad una scarsa spinta orizzontale in relazione alla velocità considerata.

Dalla figura sotto è possibile intuire come lo stimolo della velocità di corsa (Reazione alla risultante sul terreno) sia dato dalla risultante di queste 2 variabili (stiffness e spinta orizzontale).

Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto come sia l’organismo a trovare il giusto compromesso dei movimenti (frequenza, ampiezza del passo, appoggio del piede ecc.) in base alle proprie capacità funzionali.

La stiffness è quella capacità funzionale che caratterizza principalmente l’elasticità e la reattività neuromuscolare; un livello adeguato di questa qualità permette al proprio organismo di trovarsi maggiormente a proprio agio durante la corsa, sfruttando al meglio l’elasticità della catena estensoria e contribuendo a prendere contatto con più facilità con il piede sotto il corpo.

La spinta orizzontale invece, è determinata maggiormente dalla catena flessoria e posteriore, cioè quelle che permettono di “spingere” orizzontalmente il corpo.

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Ma attenzione, queste 2 capacità funzionali dipendono sia dalla forza che riescono ad imprimere le catene muscolari, che dalla coordinazione con la quale vengono applicate. Mi spiego meglio; come accennato prima, le catene muscolari sono rappresentate da un insieme di muscoli e connettivo embricati tra di loro. La coordinazione (più precisamente la sincronia) con cui questi muscoli si contraggono, determina l’efficienza del gesto, che determina la Velocità. Di conseguenza, non è importante solo la forza delle catene in sé, ma anche la coordinazione con la quale queste vengono applicate.

Tornando al nostro runner che appoggia il piede troppo lontano dal baricentro, è evidente come la problematica possa essere dovuta a carenza di forza e/o di coordinazione.

Sulla Forza, solitamente si agisce con lavori di potenziamento funzionale mirati allo sviluppo della forza massima (anche senza pesi)  della catena estensoria come presupposto per la stiffness, e con lavori di core stability per la forza orizzontale. Dal punto di vista coordinativo (Velocità) invece, si utilizzano corse in salita (nelle varie forme), andature di pre-atletica (in particolar modo, come skip, calciata, ecc.) e infine tratti di corsa ad alta intensità (superiori al RG5000m) con ampie pause. Nella nostra home page dedicata alla corsa, potete trovare l’elenco dei mezzi allenamenti approfonditi nel nostro blog; nella pagina dedicata alla forza e velocità del runner, potete trovare invece tutti i mezzi finalizzati al miglioramento delle qualità neuromuscolari.

Lavorando in questo modo, l’organismo riuscirà ad ottimizzare al meglio le possibilità funzionali (cioè stiffness e spinta orizzontale) impattando con il piede più vicino alla proiezione del baricentro.

Quali benefici è lecito aspettarsi?

Credo che sia ormai ovvio come la valutazione funzionale sia uno dei migliori investimenti che un runner possa fare; infatti, non solo offre indicazioni importanti per correre con maggiore efficienza, ma permette di ridurre il rischio di infortuni. Di questo ne possono beneficiare in particolar modo quei runner che sono spesso infortunati.

La continuità nell’allenamento è uno degli elementi fondamentali per godersi appieno la propria corsa ed offrire stimoli allenanti che permettano di adattare le strutture anatomiche del runner alla disciplina praticata.

Spesso si corre “male” a causa di uno stile di vita eccessivamente sedentario, che porta a retroazioni posturali ed indebolimenti muscolari. Anche lavori che comportano un impegno unilaterale del proprio corpo, possono nel tempo indurre anomalie posturali che possono ripercuotersi sulla tecnica di corsa.  Per questo motivo anche la valutazione posturale (e del cammino) rappresenta un elemento fondamentale per aggiungere informazioni all’analisi di corsa.

Il tutto è da prendere con estremo realismo; infatti, i miglioramenti spesso si ottengono con gradualità, e portano benefici tanto più la valutazione funzionale riporta anomalie evidenti (cioè dove sono maggiori i margini di miglioramento).

Infatti, malgrado sia possibile ipotizzare quali siano le anomalie che maggiormente possono dare origini ad infortuni, attualmente la bibliografia internazionale indica come la variabile maggiormente correlata al rischio di infortuni sono gli infortuni passati (Huchinson et al 2021).

Per questo motivo, i soggetti maggiormente a rischio sono quelli che possono avere maggiori benefici dalla valutazione e della modifica della propria metodologia d’allenamento.

Ricordiamo sempre che un atleta è diverso dall’altro, quindi le soluzioni ed i benefici non sono gli stessi per tutti; da qui, l’importanza della bravura di chi valuta e di chi allena. Ma vediamo ora come fare a cercare il centro più appropriato alle nostre esigenze.

Come individuare il centro più adeguato dove effettuare la valutazione

Il primo passo è quello di restringere il cerchio delle strutture nelle proprie vicinanze. Utilizzando Google, si cerca analisi tecnica di corsa “provincia di riferimento”, effettuandola su tutte le provincie dove si è disposti andare per effettuare la valutazione.

Il secondo passo è quello di selezionare le opzioni in base ai tipi di esami offerti; quelli che ritengo essenziali sono:

  • Esame posturale abbinato a movimenti funzionali (esempio Functional Movement Screen).
  • Analisi del cammino
  • Analisi di corsa (sul Tapis Roulant)

Personalmente aggiungerei anche l’analisi di un video prodotto autonomamente (con l’aiuto di una persona) in condizioni reali con visuale laterale; ancor meglio, se questo video venisse fatto dallo staff che effettua la valutazione.

Come analisi addizionale aggiungerei l’esame baropodometrico, in particolar modo se il centro dove si effettua la valutazione lo prevede.

Altre analisi addizionali da poter fare anche presso altri professionisti sono quella osteopatica e nutrizionale.

L’ultimo step parte dalla necessità di dover modificare (o anche solo perfezionare) il proprio allenamento, quindi è da considerare l’intervento di un tecnico/preparatore atletico, sia questo un professionista che già segue l’atleta o personale che mette a disposizione il centro di valutazione stesso.

Altre analisi specifiche possono essere inserite in caso di determinate esigenze dovute ad infortuni precedenti o dismorfismi.

Prima di concludere, riporto sotto l’esempio di uno dei centri che attualmente ritengo maggiormente competenti in materia di valutazione biomeccanica e funzionale. Ne approfittiamo anche per fare qualche domanda più specifica che possa dare ancor più rilevanza all’importanza della valutazione funzionale del runner.

Mauro Testa di Biomoove

Responsabile del centro Biomoove, Mauro Testa è uno dei biomeccanici dello sport la cui autorevolezza è riconosciuta a livello mondiale. Mauro ha lavorato e coopera tutt’ora con importanti società professionistiche di calcio, di ciclismo, di atletica, oltre ad aver prestato la sua competenza per la produzione di scarpe da calcio, calze compressive e superfici per la pratica sportiva. È anche autore del corso di Biomeccanica dello sport di Performance Lab.

Approfittiamo della sua competenza e della sua disponibilità per fargli 3 domande.

1) In base alla tua esperienza, quali “lacune” posturali influenzano maggiormente la tecnica di corsa nei runner che gareggiano a livello amatoriale?

Esistono vari fattori che possono produrre un’alterazione della tecnica, in realtà la modifica della tecnica è l’ultimo dei problemi per un biomeccanico anche se è il primo segnale d’allarme. I fattori limitanti la prestazione spesso si sovrappongono a quelli limitanti la tecnica sportiva. Questa è affetta anche da traumi pregressi e aspetti cognitivi legati al disconfort del movimento. Analizzare solo la tecnica, è dunque limitante. Come biomeccanici ci interessa di più comprendere quei fattori di disequilibrio e di limitazione che possono portare l’atleta di qualunque sport a provare fastidio durante il gesto se non addirittura dolore e poi infortunio. Gli atleti evoluti sono quelli che si sanno “ascoltare”, che sanno percepire il proprio corpo. Nel runner, dobbiamo prestare particolare attenzione alle strutture d’appoggio e spinta, come il piede e tutto quello che riduce l’assorbimento dell’energia all’impatto aumentando il rischio di sovraccarichi.

La mobilità delle strutture pelviche, la flessibilità della schiena e la correttezza delle sue curve sino a quella cervicale sono elementi fondamentali; la mobilità delle spalle è altrettanto importante, infatti le braccia nella corsa svolgono un ruolo importante per il bilanciamento delle spinte, oltreché per l’equilibrio nell’appoggio mono podalico; inoltre esse contribuiscono alla salute della schiena e allo sviluppo delle corrette velocità angolari. Il Biomeccanico deve valutare i carichi interni, intesi come equilibri, attivazioni e forze muscolari e prestare attenzione ai carichi esterni come accelerazione, movimenti angolari.

Deve verificare si gli appoggi podalici ma saperli riferire al resto della struttura corporea; il corpo umano è come una macchina, se misuriamo le gomme e le traiettorie di guida ma non controlliamo ammortizzatori, motore e carrozzeria commettiamo un errore così come lo commetteremmo se analizziamo tutto tranne le gomme e la traiettoria.

Come ho detto siamo una macchina di natura biologica ma al pari di una macchina da corsa abbiamo un telaio leggerissimo (2-3 kg) che si può alterare influendo sulle strutture con cui ha relazione. Quindi attenzione a dismetrie vere o presunte che modificano la funzione dell’atleta in corsa, attenzione ai dislocamenti muscolari; solo i polpacci hanno un dislocamento di 1,5 cm al momento dell’impatto. Dobbiamo saper consigliare anche l’attrezzatura giusta in relazione alla macchina motoria che abbiamo davanti.

Quindi saper valutare il ritorno venoso e linfatico per consigliare la calza compressiva corretta, il drop giusto per la scarpa in relazione all’assetto posturale del soggetto etc. Insomma, non dobbiamo vendere nulla e quindi non essere venditore di attrezzatura ma conoscerla bene, tenendoci aggiornati sui nuovi prodotti in uscita e sulla ricerca effettuata dalle Aziende per svilupparli potendo essere così buoni consiglieri per i nostri atleti.

Quindi riassumendo non focalizziamoci sulla tecnica su come corre ma se correndo in quel modo eviterà traumi e lesioni ottenendo anche buoni risultati, non esiste a mio avviso la tecnica perfetta che va bene per tutti.

Gli infortuni sono dunque il nostro primo cruccio e abbiamo compreso che essendo multifattoriali serve una figura preposta a prevenirli, questa deve essere una figura che studia è preparata e deve inoltre essere poco commerciale.

2) Esiste a tuo parere la tecnica di corsa perfetta, cioè un insieme di parametri che la definiscono con estrema precisione?

La risposta è fortemente NO. Due gemelli omozigoti sono totalmente diversi tra loro pur apparendo simili. Ogni essere umano è unico, quindi è unica anche la sua tecnica di corsa e come essere unico va trattato dal biomeccanico. Per chi è scettico fornisco due elementi di riflessione, il primo è che se ascoltiamo i passi di una persona che conosciamo senza ancora averla vista la riconosciamo e sappiamo chi sta avvicinandosi a noi, proprio perché siamo unici e abbiamo esperienze motorie che abbiamo schematizzato a livello neurologico in modo unico, abbiamo leve muscolari uniche aspetti cognitivi unici; la nostra bellezza sta nella diversità, e chi semplifica uniformandoci lo fa per impreparazione e incompetenza. Il secondo; sci, atletica (salto in alto) hanno negli ultimi decenni modificato drasticamente le tecniche dello sport rendendole meno “rigide” perché è giusto avere un vestito (la tecnica) ma misure, colori e fogge diverse in grado di adattarsi a tutti.

3) Quali sono i test, o i tipi di analisi, che maggiormente utilizzi al di fuori del laboratorio per valutare la tecnica di corsa?

Come già detto la tecnica di corsa non è il mio primo problema, perché se chiedo ad un tennista di fare il servizio perfetto ma poi non gli ho valutato la mobilità della spalla, sto facendo richieste fuori dalla portata per il soggetto, se ha la spalla limitata. In laboratorio uso strumentazione in grado di fornirmi informazioni in relazione ai possibili limiti funzionali dell’individuo. Non credo all’uso del treadmill come strumento unico e solo per la valutazione del runner, sia esso strumentato, cioè in grado di leggere le pressioni del piede, che senza nulla, perché il treadmill non è in grado di riprodurre la corsa outdoor. Preferisco i manuali a quelli con motore ma uso il treadmill per valutare i dislocamenti ai polpacci che possono produrre infortuni al soleo. Al riguardo ho recentemente pubblicato un articolo.

Valutiamo su esso l’angolo d’impatto tibiale usando telecamere che filmano a 1000 frame per secondo ed elaboriamo i filmati con un software evoluto sviluppato da noi che si chiama Biomovie.

In laboratorio usiamo pedane di forza, baropodometriche per valutare l’alterazione dei carichi e degli appoggi tra destro e sinistro, le differenze nella gestione dell’equilibrio del soggetto tra soma destro e sinistro e i blocchi pelvici a carico di anche e della sacro iliaca. Valutiamo in modo molto attento il soggetto dal punto di vista posturale. Amiamo poi fare la valutazione all’esterno usando tecnologia indossabile. Quella per la lettura elettromiografica e quella per la valutazione del sudore e quindi degli aspetti metabolici del soggetto; valutiamo l’SMO2 cioè la saturazione muscolare d’ossigeno per comprendere come funziona il sistema venoso del soggetto e la sua respirazione cellulare. Valutiamo anche le capacità respiratorie e del diaframma con specifiche strumentazioni.

Nel video sotto potete vedere un esempio di Valutazione funzionale effettuata proprio presso il centro Biomoove.

Consigli finali e riassunto conclusivo

In questo articolo abbiamo visto l’importanza della valutazione funzionale del runner al fine di ottimizzare la performance e ridurre il rischio di infortuni; non mi stancherò mai di ripetere che per qualsiasi tipo di runner questo rappresenta il miglior investimento, in particolar modo per chi è maggiormente propenso agli infortuni.

La competenza di chi effettua la valutazione, più quella di chi gestisce l’allenamento, sono gli elementi fondamentali che determinano i margini di miglioramento, in quanto ogni soggetto è diverso dall’altro e non esistono soluzioni che siano ugualmente valide per tutti.

Questo perché l’obiettivo non deve essere la tecnica di corsa perfetta, ma il miglioramento realistico della propria corsa, al fine di sfruttare i benefici che abbiamo precedentemente elencato (performance e salute).

Affinchè questo avvenga, non bisogna limitarsi ad osservare la tecnica di corsa (tantomeno limitatamente al Tapis Roulant), ma analizzare anche la postura ed estrapolare come le forze in gioco possano agire sull’efficienza di corsa e sul rischio di infortuni. Per questo motivo si chiama “valutazione funzionale del runner” e non “analisi di corsa”.

Non solo, il miglioramento della tecnica di corsa, porta con sé anche una riduzione della fatica percepita (a pari velocità) in quanto consente di ottimizzare le risorse energetiche e biomeccaniche a disposizione dell’atleta. Ricordiamoci sempre che la percezione del discomfort durante la corsa influenza il “come” ci muoviamo, e di conseguenza anche la nostra tecnica di corsa.

Questo approccio porta il runner ad un maggior stato di consapevolezza della gestione della propria corsa, stimolando un processo di comprensione che rinnova ed alimenta nuove motivazioni.

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Grazie questa, riuscirai a selezionare e scegliere il tipo di calzatura più adeguata alle tue esigenze ed alle tue caratteristiche; comprenderai quali sono le variabili (ammortizzazione, drop, supporti, ecc.) che caratterizzano le calzature da running e le linee guida dell’ACSM (American College of Sports Medicine), cioè l’organo che gode di maggior autorevolezza nella prescrizione dell’attività sportiva.

Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

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