Circuit training per l’incremento della forza del runner

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Il circuit training è da sempre considerato un metodo per allenare la forza muscolare, qualità fondamentale e spesso sottovalutata dai runner; come potete vedere dall’immagine sotto, questa svolge un ruolo estremamente importante in quanto un muscolo forte permette di accumulare maggior energia elastica nei tendini, facilitando quindi una tecnica più efficace e redditizia.

Infatti, sono recenti alcune ricerche (Lai et al 2015, Bohm et al 2018, Bohm et al 2019) che hanno dimostrato come in una muscolatura sufficientemente forte della catena estensoria, la porzione di allungamento dell’unità muscolo-tendine è prevalentemente a carico del tendine, mentre il ventre muscolare varia di poco la propria lunghezza. Questo permette di accumulare una grande quantità di energia elastica nelle strutture maggiormente deputata a fare questo, cioè i tendini.

Appare quindi evidente, come livelli insufficienti di forza possano invece generare contrazioni muscolari poco efficienti che non solo incrementano la spesa energetica, ma portano più facilmente ad affaticamenti che con il tempo incrementano il rischio di infortuni.

Ma il normale allenamento di corsa è in grado di stimolare adeguatamente la forza muscolare?

Ovviamente la risposta è “dipende” in quanto sono veramente tante le variabili che possono incidere su questo fattore; in generale, possono aver bisogno di un allenamento di forza supplementare:

  • Atleti che hanno superato la soglia dei 45-50 anni
  • Runner di sesso femminile
  • Runner che effettuano molti Km a settimana
  • Runner che hanno da poco avuto un infortunio
  • Runner con caratteristiche prevalentemente resistenti

Ma torniamo ora al nostro Circuit training; quali sono le peculiarità ed i vantaggi nell’utilizzo di questo mezzo allenante? 

Perché il circuit training è più di un’alternativa alle salite

Le salite sono il mezzo d’allenamento d’elezione per la forza muscolare, in particolar modo per la resistenza muscolare locale, cioè la caratteristica della forza che maggiormente serve al runner. Esistono diversi protocolli con salite, definibili in base alla lunghezza, intensità ed abbinamenti con altre andature; le trovi tutte nel nostro articolo dedicato alla forza ed alla velocità del runner.

Ma cosa fare se non si hanno a disposizione salite per allenarsi?

Ovviamente esistono anche altre modalità per allenare questa qualità, ma la maggior parte di queste prevede di allenarsi in casa o in palestra; cosa fare invece per chi predilige sempre e comunque allenarsi all’aperto?…o anche per chi ha poco tempo per allenarsi e vuole stimolare, all’interno della stessa seduta, corsa e forza?

In questi casi il circuit training è la soluzione migliore, proprio perché può essere fatto all’aperto e durante una seduta di corsa.

Prima di andare a vedere nel dettaglio come organizzare una seduta di circuit training, mi preme sottolineare perché non è da considerare solamente un allenamento per la forza.

Come vedremo nel prossimo capitolo, nel circuit training sono inclusi i movimenti dell’allungamento funzionale utilizzati nel riscaldamento (li rivedremo bene più avanti); questi, presi dall’allenamento funzionale, garantiscono una grande specificità degli stimoli sia a livello biomeccanico che per quanto riguarda l’estensibilità e la simmetria delle catene.

Di conseguenza, la peculiarità del circuit training è quella di allenare le catene muscolari nelle condizioni nelle quali sono nel maggior grado di allungamento, cioè quando sono più “deboli”. Questo permette di aiutare a colmare lacune di estensibilità (che possono condizionare negativamente la tecnica di corsa con rigidità) e aiutare a percepire le asimmetrie, spesso causa di infortuni e limitazioni nel rendimento del gesto tecnico; basti ricordare che la differenza di solo l’1% nel tempo di appoggio tra un piede e l’altro, provoca un incremento del 3,7% del costo metabolico della corsa (Joubert et al 2020).

Perché il nostro protocollo è diverso da quelli che comunemente si trovano in rete?

Il miglioramento della prestazione è fondato sull’incremento del potenziale motorio di un atleta (Lonero 2020), per questo motivo l’obiettivo del nostro protocollo è il miglioramento atletico generale del runner e non solo l’incremento della forza.

I normali protocolli di circuit training prevedono l’utilizzo di molti esercizi dedicati al core, alla forza ed in parte anche alla stiffness; questi vengono effettuati senza soluzione di continuità o con brevi pause.

Il risultato, è che spesso la fatica accumulata non sempre permette al runner di eseguire tutti i movimenti con la stessa concentrazione. Non solo, movimenti eccessivamente faticosi e complessi, se non si è seguiti da personale qualificato, rischiano di alimentare asimmetrie; questo per la difficoltà di percepire le compensazioni a cui possono andare incontro le catene muscolari.

Il nostro programma invece è semplice (soli 4 esercizi, peraltro già conosciuti), con ampie pause (fatte di corsa) e senza la necessità di attrezzi (si corre dove si vuole); non troverete all’interno le esercitazioni per la core stability, in quanto molti di questi movimenti, che vengono solitamente effettuati a terra (anche con piccoli attrezzi), richiedono un elevato focus attentivo. Di conseguenza, devono essere svolti a casa o in palestra; se cerchi un protocollo per il miglioramento della core stability e della forza orizzontale finalizzata alla performance della corsa, lo trovi a questo link.

Il protocollo

Come espresso sopra, il nostro circuit training utilizza i 4 movimenti per l’allungamento funzionale che trovi nel nostro post dedicato al riscaldamento; puoi scaricare la scheda cliccando qui.

Clicca sull’immagine per ingrandire

Attenzione, se non hai mai fatto questi esercizi, è necessario che per almeno 2-3 settimane questi vengano normalmente eseguiti nel riscaldamento di tutti gli allenamenti (falli sempre…possono dare solo benefici). Questo per apprendere correttamente i movimenti di allungamento delle catene muscolari, senza il rischio di avere il mal di gambe nei giorni successivi.

Ovviamente per queste 2-3 settimane non effettuare il circuit training, in quanto per eseguirlo è assolutamente necessario padroneggiare bene questi movimenti.

L’allenamento di circuit training prevede:

  • 20’ di riscaldamento con i 4 allungamenti funzionali
  • Effettuare 3 serie (le prime volte è meglio 2) dei quattro esercizi a rotazione (vedi immagine a fianco). Tra un esercizio e l’altro corri di corsa lenta o blanda per 2-3’
  • Finisci con 5’ di corsa lenta, o interrompi il circuito nel momento in cui dovessi percepire fastidio o dolore ad alcuni gruppi muscolari; di norma, se si imparano prima correttamente i movimenti e si inizia con la giusta gradualità, è improbabile che insorgano fastidi o dolori.

Importante: la correttezza esecutiva dei movimenti è il parametro principale su cui focalizzarsi. Infatti, piccole asimmetrie funzionali possono peggiorare significativamente la performance (ricordati che la differenza dell’1% nel tempo di appoggio dei piedi aumenta del 3.7% il costo energetico; Joubert et al 2020) ed incrementare il rischio di infortuni.

I movimenti inseriti in questo protocollo aiutano facilmente a percepire differenze in termini di forza e articolarità tra il “lato destro” ed il “lato sinistro” del corpo.

Ma cosa fare se percepisco differenze tra i 2 emilati nell’eseguire i movimenti?

Di norma, in caso di instabilità o maggior rigidità, è consigliabile rallentare il movimento dalla parte in cui si è maggiormente in difficoltà, cercando in questo modo di arrivare agli stessi parametri di precisione dell’emilato più “forte”. Ma facciamo un paio di esempi per chiarirci meglio.

Se durante il single leg deadlift perdo l’equilibrio più facilmente su un piede, allora è necessario controllare durante l’esecuzione che la postura sia corretta (che anche il piede sia in asse con il corpo) e concentrarsi sul fatto che il peso sia distribuito su tutta la pianta del piede.

Se invece noti che eseguendo lo squat un piede tende a ruotare esternamente, è necessario rallentare il movimento focalizzandosi bene sul ripartire il peso del corpo su entrambi i piedi, controllando ogni 3-5 ripetizioni la direzione delle punte.

Ovviamente se queste “anomalie” rimangono nel tempo è conveniente rivolgersi ad un posturlogo o ad un centro di biomeccanica dello sport; sarà un ottimo investimento in termini di prevenzione infortuni e miglioramento della performance (ricordati che la differenza dell’1% nel tempo di appoggio dei piedi aumenta del 3.7% il costo energetico; Joubert et al 2020).

Eventuali controindicazioni ad alcuni esercizi possono esserci solamente se si hanno dismorfismi o problematiche (attuali o passate) al ginocchio; in questi casi è sufficiente informarsi presso il proprio ortopedico (o fisiatra).

Sotto puoi scaricare la scheda dettagliata dell’intero protocollo.

Ti invito comunque a leggere anche il resto dell’articolo, perché ti aiuterà a comprendere i vantaggi specifici del circuit training e ad inserire efficacemente il protocollo (e le relative varianti) nel tuo piano d’allenamento.

L’alternativa al 4° esercizio

Se sei un runner con particolari carenze muscolari a livello dei “polpacci”, è consigliabile sostituire il 4° esercizio con l’A-walk; questa andatura, rispetto all’A-skip mantiene più a lungo la contrazione muscolare, di conseguenza lavora maggiormente sulla forza.

La caratteristica principale di questo movimento è l’estensione di caviglia, ginocchio ed anca del piede in appoggio, contemporaneamente alla flessione della gamba controlaterale; è estremamente importante percepire che anca, ginocchio e caviglia effettuino il movimento all’unisono con contrazioni efficaci e vigorose dei muscoli coinvolti. Solo in questo modo ci sarà un transfert adeguato al gesto motorio della corsa.

Clicca sull’immagine per vedere il video

Durante il movimento, il corpo deve essere leggermente inclinato in avanti, in maniera tale che la contrazione delle catene muscolari duri circa 1”, dopo il quale venga spontaneo effettuare il passo successivo.

Altri aspetti sui quali è necessario focalizzarsi in questo movimento sono:

  • Le spinte devono essere il più simmetriche possibile in termini di intensità e direzionalità; è necessario coordinare il movimento delle braccia come nel video sopra.
  • Anche i tempi di spinta devono essere il più possibile identici tra destra e sinistra.
  • È importante che il piede in appoggio sfrutti il più possibile anche la spinta delle dita.

Visto che la simmetria è l’obiettivo principale dei movimenti del circuit training, nel caso in cui non si riesca ad avere un’andatura perfettamente lineare e sincrona, è possibile svolgerlo con la seguente modifica: eseguire il movimento di spinta ogni 3 passi anziché 1.

In altre parole, se devo fare 20 movimenti di spinta per piede (40 in tutto), in tutto farò 120 passi, alternando 1 movimento di spinta a 2 passi normali. In questo modo sarà possibile focalizzarsi maggiormente sulle difficoltà percepite, senza perdere continuamente la simmetria dei movimenti.

È ovvio che l’obiettivo finale, nel lungo termine, deve essere quello di eseguire l’A-walk correttamente nella forma originale (una spinta ogni passo), affinchè lo stimolo allenante sia adeguato.

Ma quali sono i benefici specifici del circuit training?

Come abbiamo indicato prima, il vantaggio principale è quello di riuscire a potenziare le catene miofasciali nella condizione in cui queste fanno più “fatica”, cioè quando sono più “allungate” (vale ovviamente per i primi 3 esercizi del circuito); questo permette di colmare eventuali lacune di natura neuromuscolari riscontrabili in molti runner.

Non solo, potenziando le catene in allungamento provoca anche un miglioramento delle mobilità e dell’estensibilità, fattori chiave per la tecnica di corsa man mano che l’età avanza; non a caso, con l’invecchiamento si tende a perdere flessibilità, irrigidendo la muscolatura e riducendo l’ampiezza dei movimenti. Questo ha come conseguenza l’aumento dell’attrito dei movimenti, in particolar modo quando si cerca di incrementare la velocità; l’aspetto più evidente di questa conseguenza è la rotazione del busto mentre si corre, conseguenza di una limitata mobilità a livello della muscolatura dell’anca.

Altro aspetto che peggiora con l’età è la spinta a livello dei polpacci; Paquette et al 2018 videro come tra runner più giovani e più anziani non ci fosse differenza tra la forza mei muscoli che agiscono su anche e ginocchia. Di contro, era invece presente un netto divario a livello della forza dei muscoli che agiscono sulla spinta del piede (cioè i polpacci). Non a caso, nel 4° esercizio del nostro circuit training viene data enfasi proprio a questi gruppi muscolari.

Altro beneficio che ritengo essenziale è la percezione e il miglioramento (entro certi limiti) della simmetria dei movimenti; ricordati sempre che la differenza dell’1% nel tempo di appoggio dei piedi aumenta del 3.7% il costo energetico; Joubert et al 2020.

È da rammentare che oltre un certo livello di asimmetria è consigliabile farsi visitare da un posturologo o un esperto in biomeccanica; i benefici saranno riscontrabili in termini di prevenzione infortuni, performance e percezione di benessere nella corsa.

Ultimo beneficio, che il nostro circuit training può vantare rispetto agli altri protocolli, è riferito al contributo (anche se non elevato) che può dare allo sviluppo della resistenza aerobica del runner, cioè quella qualità che si ottiene grazie al chilometraggio settimanale. Infatti, è presumibile ipotizzare che una seduta di circuit training possa durare in media 1 ora, fornendo uno stimolo che si va a sommare agli altri Km che si fanno in settimana; una normale seduta di potenziamento fatta in casa o in palestra non fornirebbe questa tipologia di stimolo.

Cosa non allena il circuit training?

Partiamo con la core stability, e più precisamente con il tono-trofismo dei muscoli addominali; per questi gruppi muscolari è necessario lavorare a terra o con piccoli attrezzi. Di conseguenza il nostro circuit training non fornisce stimoli sufficienti per un adeguato potenziamento della core stability. Potete trovare i nostri programmi (base, intermedio o avanzato), nell’articolo dedicato all’allenamento per la core stability e la forza orizzontale per il runner.

Altra qualità stimolata in maniera non evidente è la forza massima. Mi spiego meglio: il circuit training incrementa la forza muscolare delle catene ai range articolari estremi tramite un lavoro di diverse ripetizioni. In altre parole, l’affaticamento è determinato dal numero elevato di ripetizioni; in questo modo, si lavora principalmente sulla resistenza muscolare locale, cioè il tipo di forza che maggiormente serve al runner.

Esistono però delle condizioni in cui il runner necessita di un lavoro per la forza massima; elenco le più frequenti sotto:

  • Necessità di migliorare in discesa
  • Necessità di migliorare su salite particolarmente ripide
  • Particolari deficit di forza
  • Elevato chilometraggio settimanale o tendenza a diminuire i livelli di forza quando si incrementa il volume dell’allenamento

A questo link potete trovare il nostro articolo su come incrementare anche i livelli di forza massima con un protocollo allenate che porta via pochissimo tempo. In ogni modo, anche quando si lavora sulla forza massima è fondamentale mantenere l’estensibilità e la forza agli angoli articolari maggiori delle catene muscolari; in questi casi, il circuit training rimane il mezzo allenante principale da abbinare.

Ogni quanto tempo effettuare il circuit training?

La prima domanda da porsi è: quanto tempo impiego per recuperare una seduta di circuit training?

Nell’immagine sotto viene presentata una semplificazione di quello che accade all’apparato neuromuscolare dopo la somministrazione di un mezzo allenante finalizzato alla forza.

Dopo la somministrazione dello stimolo allenate, si andrà incontro ad un affaticamento (dipendente dallo stimolo effettuato) che successivamente viene recuperato portando la forza muscolare ad un livello superiore per un certo periodo di tempo.

Quello che è importante capire, è che soprattutto dopo le prime sedute è fondamentale comprendere per quanto tempo perdura l’affaticamento, durante il quale è meglio non effettuare allenamenti di corsa impegnativi.

Ovviamente non è possibile dare un periodo di tempo uguale per tutti, perché dipende dalle caratteristiche del soggetto e dal numero di serie/ripetizioni effettuate. Di norma, 24/48 ore sono sufficienti per recuperare questo tipo di allenamento, anche se è bene che ognuno tenga in considerazione esclusivamente la propria esperienza

Ma quanto durano gli “effetti allenanti” del circuit training?

Anche in questo caso dipende da diversi fattori, ma sta sempre alla sensibilità del runner comprendere quanto tempo serve per “smaltire la fatica” e dopo quanto tempo i benefici diventano meno rilevanti. È ovvio che se si effettuano anche allenamenti con salite, il periodo in cui i benefici perdurano sarà maggiore, visto che in parte si andranno a sommare gli effetti allenanti di entrambe le tipologie di sedute (anche la salita allena la resistenza muscolare locale).

Di norma (se non si hanno a disposizione salite medio-lunghe) è possibile effettuare una seduta di circuit training ogni 7-10 giorni nel periodo di preparazione generale, incrementando progressivamente il carico; nei periodi successivi è possibile diminuire il carico, anche notevolmente, considerando poi (grazie al livello allenante raggiunto) il cross training quasi come una seduta di rigenerazione.

Come incrementare il carico di lavoro

Prendendo spunto dal nostro articolo sull’allenamento funzionale (perché il circuit training sfrutta proprio il principio della funzionalità) è possibile incrementare il carico attraverso alcune variabili. Il primo, e più scontato, è quello di aumentare il numero di ripetizioni; in questo modo incrementerà il carico per la resistenza muscolare locale.

Altri modi possono essere l’aumento della difficoltà o della velocità dei movimenti; abbiamo più volte ripetuto come la semplicità esecutiva sia il punto forte del nostro circuit training. Per questo motivo, rinunciamo ad incrementare la difficoltà, ma è possibile accrescere la velocità in particolar modo per lo squat, che è l’esercizio effettuato in condizione bipodalica. Questo garantisce una maggiore stabilità del movimento, potendosi permettere di elevare la velocità senza perdere la precisione.

Ma andiamo a vedere nel dettaglio quando e come poter incrementare il carico allenante nei vari esercizi. Prima però è importante fare una considerazione: il lavoro di forza deve essere di sostegno alla performance ed al normale allenamento fatto di corsa. Di conseguenza non bisogna arrivare alla fine delle serie con i muscoli che “bruciano” dalla fatica, anche perché si lavora con più serie per esercizio.

Come regola di base, è possibile partire dal presupposto che si dovrebbe arrivare alla fine di ogni serie con la percezione di poter fare ancora 3-5 ripetizioni prima di giungere al massimo affaticamento.

In ogni modo, consigliamo a tutti di partire con il numero di ripetizioni indicate nella nostra scheda, per poi incrementare gradualmente il carico, senza mai giungere all’esaurimento in nessuna serie. Ma vediamo ora come poter fare per ogni esercizio.

  • Natural squat: è possibile aumentare il numero di ripetizioni o la velocità dei movimenti (mantenendo costante il numero di ripetizioni). È però importante che ciò non vada mai a discapito della precisione e della simmetria del movimento. Quindi, anche se aumentate la velocità, controllate sempre che il baricentro del corpo cada tra i 2 piedi per ripartire equamente il carico. Con l’aumento della velocità è possibile anche effettuare dei veri e propri “rimbalzi” quando si scende nella posizione di accosciata; variabile comunque da evitare per chi ha o ha avuto problema alle ginocchia.
  • Single leg deadlift: essendo un movimento in cui la componente equilibrio è una discriminante della qualità di esecuzione, è comunque consigliabile aumentare il carico solamente tramite un incremento del numero di ripetizioni. Focalizzarsi continuamente sull’appoggio del piede (carico distribuiti su tutta la pianta) e sulle perpendicolarità e parallelismi delle gambe. Con il passare del tempo, si dovrebbe percepire il diminuire delle asimmetrie; sarà un ottimo obiettivo!
  • Affondi: valgono le stesse considerazioni del Single leg deadlift. Con il passare delle sedute, si dovrebbe percepire sempre meno asimmetria (se presente), effettuare passi più lunghi e riuscire a rimanere il più eretti possibile con il busto; quest’ultimo elemento è possibile grazie a contrazioni anche vigorose dei muscoli posteriori della coscia.
  • A-walk o A-skip: chi effettua l’A-walk, potrebbe aumentare il carico incrementando il numero di ripetizioni o passando all’A-skip. Quest’ultimo passaggio è l’ideale quando non si percepisce più debolezza a livello di forza dei polpacci e quando si riescono a fare spinte simmetriche nell’A-walk. La progressione del carico dell’A-skip invece, avviene aumentando il numero di ripetizioni e il grado di intensità delle toccate.

Come inserire il circuit training all’interno del proprio programma

È sufficiente rispettare queste 2 semplici regole:

  • Evitare il circuit training quando si ha mal di gambe o si percepiscono particolarmente affaticate.
  • Aspettare di smaltire la fatica del circuit training prima di effettuare altri allenamenti impegnativi.

Come abbiamo accennato sopra, è consigliabile utilizzare il circuit training nella prima parte della preparazione (periodo generale) incrementando progressivamente il carico. Con il proseguire della stagione, e necessitando di stimoli più specifici (orientati alla velocità e capacità di gara), sarà possibile ridurre il numero di serie (o le ripetizioni) velocizzando il tempo di recupero dalla seduta; in questi casi, i circuiti possono essere inseriti anche all’interno di sedute di rigenerazione.

Riassunto conclusivo

In questo post abbiamo visto:

  • Come il circuit training sia un mezzo estremamente semplice, ma allo stesso efficace per il miglioramento della forza, dell’estensibilità e della simmetria delle catene.
  • È possibile effettuarlo all’aperto durante una normale seduta di corsa lenta, aiutando a “costruire” il chilometraggio settimanale.
  • È molto semplice anche nell’organizzare la progressione del carico e l’inserimento nel programma allenante.

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Autore dell’articolo: Melli Luca, preparatore atletico AC Sorbolo, istruttore Scuola Calcio A.S.D. Monticelli Terme 1960 ed Istruttore di Atletica leggera GS Toccalmatto. Email: melsh76@libero.it

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