La difficile interpretazione (e collocazione) della figura dell’analista tattico in un club

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Considerato o snobbato?

Accertato che in altri paesi oramai l’importanza, la presenza fissa ed essenziale dell’analista tecnico è “certificata”, cerchiamo di comprendere meglio da dove nasce la reticenza nei confronti di questa figura importantissima, qui in Italia.

Nel nostro paese non è semplice trovare impiego come analista tecnico-tattico e dobbiamo confermare che, a certi livelli (dalla Lega Pro fino alla Serie A), quei pochi specialisti che eseguono con professionalità questa mansione, sono nella maggior parte dei casi, stretti collaboratori dell’allenatore e fortemente voluti dallo stesso all’interno del proprio staff.

Vi può essere talvolta qualche eccezione in cui, talune società vedono fondamentale lo studio minuzioso dell’avversario da affrontare e lo inseriscono nel proprio organigramma tecnico.

Come può iniziare un analista tecnico a lavorare per conto di una società?

Figura 1

Come può avvenire la firma di un contratto di collaborazione per una figura tanto importante quanto ancora sconosciuta? Consideriamo che un allenatore debba sottoscrivere un contratto con un nuovo club; ipotizziamo le due seguenti situazioni e analizziamole brevemente:

Situazione 1: L’analista tecnico è figura sempre avuta o voluta (e irrinunciabile), dall’allenatore; si possono verificare due ipotesi.

  • L’analista fa già parte dello staff o dell’entourage tecnico dell’allenatore. Sa cosa vuole il mister e come deve essere eseguito un lavoro/analisi grazie a un rapporto già esistente; c’è coesione e intesa. L’allenatore lavora da tempo addietro con lui.
  • E’ l’allenatore a volerlo inserire come nuova figura nei suoi ranghi. Non si è mai avvalso del suo contributo, ma ora ha deciso di farlo. C’è sicuramente un legame pre-esistente; l’allenatore conosce bene chi vuole, come lavora, le competenze che possiede e cosa vuole. Ha la consapevolezza di potersi avvalere di uno “strumento” in più, tanto efficace quanto importante al fine del perseguimento del suo obiettivo. E perciò lo richiede con enfasi alla società assumendosene tutte le responsabilità.

Situazione 2: l’analista tecnico fa già parte dello staff tecnico della società; anche in questo caso possiamo ipotizzare due eventi.

  • La società lavora già attraverso lo strumento di analisi con un collaboratore fidato o con un osservatore esperto. L’allenatore, fino a quel momento sprovvisto di quest’ ”arma” in più, scopre volentieri di collaborare con una “risorsa umana” sicuramente importante ai fini tecnici. E’ aperto alle innovazioni.
  • L’ allenatore entrante non ha mai utilizzato questo sistema di analisi; ne è fondamentalmente scettico e il rapporto tra le due figure è tutto da costruire. E’ la società che lo offre in quanto già tesserato in tale veste in precedenza con questo scopo ed è considerato elemento utile e vincente. Vi può essere una ripulsione da parte del neo-tecnico: non ritiene la figura del Match Analyst un mezzo valido per contribuire alla causa; il suo orgoglio e la propria chiusura alle innovazioni stabiliscono che l’attività deve proseguire senza cambiamenti; vi può essere anche una ripulsione “emotiva” nel dover condividere una stagione con un elemento della società e per certi versi “scomodo”.

Tratto dal libro: “Studiare gli avversari… e se stessi – Migliorare la prestazione con la Match Analysis”

Autore: Claudio Damiani; Editore: www.allenatore.net (2014)

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